La noia è infelicità, la routine una schiavitù. È per questo che viaggiamo

Photo by Tommaso Fornoni

Viaggiare è uno dei regali migliori che un essere umano possa fare a se stesso. Perché viaggiare ti costringe a rimetterti in gioco, ti porta a vivere esperienze entusiasmanti, ti fa conoscere persone diverse dalle solite, ti insegna moltissimo sul mondo in cui viviamo e ti consente di muoverti verso orizzonti sconosciuti.

Ecco perché nel mio libro “Le coordinate della felicità” scrivo che viaggiare è il modo migliore per uscire dalla propria comfort zone: permette a chiunque, indipendentemente dall’età, dal conto in banca e dal sesso, di spezzare quella routine piena di sicurezze e comodità che abbiamo costruito negli anni e solidifichiamo ogni giorno attraverso azioni ripetitive e situazioni sempre uguali.

Non tutti, però, comprendono immediatamente il valore di uscire dalla comfort zone. Mi rendo conto che sia un discorso “controintuitivo” e che molti potrebbero chiedersi: “Perché mai dovrei allontanarmi da qualcosa di confortevole? La vita è già dura di per sé…”

Se sei un viaggiatore, è probabile che tu sappia già la risposta: quando sei fuori dalla tua comfort zone, torni a sentirti pieno di vita.

Quando quando viaggi sei costantemente fuori dalla tua comfort zone, e ti piace da morire. È questo il motivo per cui ogni tanto, specialmente in quelle giornate lente e noiose in cui ti sembra di sprecare il tuo prezioso tempo, vai su Skyscanner a cercare un volo, anche solo per fantasticare un po’.

Ma perché, con tutto il progresso di cui godiamo, abbiamo bisogno di fare qualcosa di diverso e nuovo, che spesso all’inizio ci spaventa? È tutta una questione di equilibrio. Un tempo le persone non avevano alcun comfort nelle loro vite, mentre oggi ne abbiamo troppi.

Così siamo passati dal desiderare profondamente una vita tranquilla e senza rischi al diventare schiavi delle abitudini.

Il contrario di felicità è noia

Molti non si rendono conto che il confine tra “confortevole” e “noioso” è davvero sottile. Se hai delle abitudini troppo rigide, da cui non ti allontani mai, la noia prende inevitabilmente il sopravvento sulla tua vita. Ma la noia non arriva da sola: porta con sé un’amica poco simpatica che si chiama infelicità.

Nel suo ottimo libro “The 4-Hour Workweek“, Tim Ferriss, un autore che stimo molto, scrive che “il contrario della felicità è la noia“. Si può essere d’accordo oppure no con lui, ma una cosa è certa: non è facile rendersi conto di quanti danni facciano le abitudini al nostro benessere emotivo.

Il discorso è sempre quello: all’inizio è bello avere della abitudini ed è piacevole non doversi preoccupare di cosa succederà durante la giornata. Ma se non hai il pieno controllo sulla tua vita, sul lungo periodo le abitudini possono diventare molto nocive.

La metafora della rana

C’è una metafora che lo spiega bene. Se butti una rana una pentola piena di acqua bollente, la vedrai saltare immediatamente fuori. Succede perché l’acqua è ustionante e il dolore è improvviso e acuto.

Se però prendi la rana, la metti dentro una pentola con acqua tiepida e poi accendi il gas al minimo, la rana non si accorgerà di nulla. Succede perché la rana si trova in una specie di comfort zone: l’acqua è tiepida, non ci sono pericoli, la noia è arrivata. E così resta lì dentro a farsi cuocere, morendo lentamente.

Lo stesso vale per l’essere umano con le abitudini. Se prendi un ragazzo che ha appena finito gli studi e lo costringi a:

  • svegliarsi ogni mattina alle 06:30 con il suono di una sveglia;
  • vestirsi in un certo modo deciso di qualcun altro;
  • passare un’ora ogni mattina chiuso dentro un’automobile in mezzo al traffico;
  • passare otto ore al giorno davanti allo schermo un computer;
  • svolgere un lavoro ripetitivo e assolutamente insoddisfacente;
  • avere mille responsabilità e pochissimo tempo libero,

è probabile che quel ragazzo salti fuori dalla pentola bollente come fa la rana. È proprio quello che ho fatto io: a vent’anni, immaginando che vita mi sarei trovato a vivere, ho preferito rischiare subito prima di abituarmi (lo racconto proprio nel secondo capitolo del mio libro “Le coordinate della felicità“).

Se invece prendi quel ragazzo e lo fai entrare lentamente in questa nuova routine, un pezzo per volta, non si renderà conto del calore perché la schiavitù delle abitudini lo terrà distratto. E così si farà cuocere a puntino.

La schiavitù delle abitudini

Non tutte le abitudini sono negative, ovviamente. Non mi riferisco a quei piccoli gesti che ti fanno stare bene, come prendere un caffè con un’amica o portare ogni giorno il cane a fare una passeggiata, ma a tutto ciò che fai con il pilota automatico. Quelle azioni per cui non devi pensare, tanto sono movimenti che conosci a memoria.

Recentemente ho letto un libro che si intitola “Goodbye, Things: The New Japanese Minimalism“. L’autore, Fumio Sasaki, sostiene un concetto che condivido: l’essere umano tende a provare disgusto verso tutto ciò che diventa abitudinario.

Nel suo libro cita vari esempi, ma a me è subito venuto in mente questo: pensa al tuo dolce preferito. Quanto è delizioso e quanto ne vorresti uno, ora? Bene, ora immagina di mangiarlo per colazione, pranzo e cena per un anno intero. Alla fine ti disgusterebbe, ovviamente.

Molti non si rendono conto che, a lungo andare, fare sempre le stesse cose, vedere sempre le stesse facce e muoversi dentro il solito piccolo quadrato di vita ti spegne dentro. Lentamente, proprio come succede alla rana. La routine spegne il tuo spirito avventuroso, quello che ognuno possiede anche se lo sotterriamo con strati e strati di comodità, scorciatoie, supporti tecnologiche, sicurezze e routine.

Quando si spegne quella parte di te, diventi schiavo di ciò che conosci alla perfezione e inizi ad avere paura di tutto il resto.

Perché all’inizio di un viaggio hai paura?

Viaggiare, in questo senso, è una cura maledettamente efficace. Passi mesi e mesi a vivere sempre nello stesso modo, poi improvvisamente quella routine si rompe. Lasci casa con un po’ di ansia, hai paura, hai mille pensieri nella testa e una vocina ti chiede: “Ma chi me lo fa fare? Non potevo stare sul divano a mangiare schifezze?”

Ma poi, quando finalmente sei lontano dai tentacoli della comfort zone, inizi a stare bene. Anzi, inizi a sentirti fottutamente vivo e pieno di voglia di vivere. Nel tuo corpo gira l’adrenalina, il cuore inizia a battere più forte, i sensi si riaccendono e la mente si attiva come se fossi in una situazione di pericolo. Ti senti in grado di fare qualsiasi cosa.

Per quello all’inizio di un viaggio senti il bisogno di prendere tutto con molta calma, mentre nei giorni finali di un viaggio saresti pronto a buttarti da un treno in corsa oppure fare il bagno nudo con gli squali o fare un trekking di dieci ore.

Ma non è solo una questione fisica: all’inizio di un viaggio sei timido e timoroso, ti manca casa e non ti senti propriamente a tuo agio. Nei giorni finali di un viaggio, invece, parli con perfetti sconosciuti come se fossero i tuoi migliori amici e hai la sensazione che se incontrassi la tua anima gemella non ci penseresti due volte a invitarla fuori a cena.

E lo stesso avviene quando torni a casa: i primi giorni sei ancora carico come una molla, ti senti un leone, hai voglia di stravolgere la tua vita e fare mille cose. Poi passano i giorni, le abitudini rimettono le catene alle tue caviglie, quella sensazione di pura vita che ti alimentava sparisce e ricadi nel vortice da cui avevi tanto faticato ad uscire.

Puoi spezzare la schiavitù delle abitudini anche quando non viaggi

Come ho detto più volte e come scrivo anche nel mio libro, viaggiare è solo uno dei tanti modi per uscire dalla tua comfort zone. Non sta scritto da nessuna parte che tu debba essere schiavo delle abitudini quando sei a casa, puoi benissimo scappare alla comfort zone anche senza lasciare la tua città.

Uscire dalla comfort zone vuol dire, molto semplicemente, spezzare la schiavitù della routine. Spazzare via la noia e la relativa infelicità che porta con sé. Vuol dire ricordarsi cosa significa essere davvero vivi invece di stare fermi a guardare il tempo che passa.

Puoi rimetterti in gioco, vivere esperienze entusiasmanti, conoscere persone diverse dalle solite, imparare cose interessanti sul mondo in cui viviamo e muoverti verso orizzonti sconosciuti anche senza partire.

Ogni giorno, fai qualcosa che ti tiri fuori dalla comfort zone

Devi semplicemente fare qualcosa che ti mette a disagio. Fai una doccia gelida ogni mattina, ad esempio. Se sei timido, parla con la barista che ti prepara il caffè ogni mattina e a cui rivolgi solo due parole. Chiedile come sta, inizia una conversazione. Se invece sei una persona estroversa che sente il bisogno di parlare sempre con tutti, imponiti di stare sola con te stessa, nel silenzio. Molte delle persone socievoli hanno problemi a guardarsi dentro.

Prendi una strada diversa per tornare a casa e non guardare il navigatore. Proponi al tuo superiore quel progetto che ti frulla in testa, anche se non ti senti all’altezza. Specialmente se non ti senti all’altezza. Chiedi alla ragazza che ti piace di andare a bere qualcosa insieme. Vai a correre ogni sera dopo il lavoro, anche se non lo hai mai fatto nella tua vita. Specialmente se non lo hai mai fatto.

Non importa cosa, l‘importante è fare qualcosa di imprevisto, nuovo e un po’ rischioso. Così spezzi la schiavitù delle abitudini ed esci dalla tua comfort zone. Anche quando non viaggi, fai qualcosa che ti faccia battere il cuore. Giusto per ricordare a te stesso che sei vivo.

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Gianluca Gotto
Gianluca Gotto
Sognavo di lavorare viaggiando, oggi scrivo mentre giro il mondo. Ho aperto Mangia Vivi Viaggia per condividere la bellezza che abbiamo intorno e mostrare che spesso la felicità si trova nelle scelte di vita alternative

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