Nel mondo occidentale ci insegnano fin da piccoli a sopportare. Ci dicono che bisogna lottare, soffrire e resistere, come se la vita fosse una guerra.
Succede prima a scuola, poi al lavoro, ma anche nelle relazioni: tra amici, partner e famigliari, si tende spesso ad avere un atteggiamento di “sopportazione a tutti i costi“. I conflitti non si contano e sembrano non finire mai: anche se si litiga, ci si scontra e non c’è modo di trovare un punto in comune, si continua ad andare avanti a litigare come se questo fosse inevitabile.
Ormai non ci pensiamo nemmeno più, lo diamo per scontato: lo scopo della vita è combattere, resistere, soffrire.
Quando ero incapace di lasciare andare
Per esperienza personale, so che questa mentalità può portare a grandi sofferenze. Se hai letto a cuore aperto il mio primo libro “Le coordinate della felicità” credo che tu lo sappia: un tempo la mia vita era come una trincea, il cui unico obiettivo era sopravvivere.
Vivevo ogni giornata come una battaglia. Portavo dentro di me il peso di un dolore costante dovuto a un’infinità di fattori che ormai credevo facessero parte di me.
Mi identificavo nei miei fallimenti, nelle delusioni e nelle ingiustizie subite in passato; nel senso di inadeguatezza e nella paura di non essere mai all’altezza del presente; nell’ansia e nei timori per il futuro.
Per troppi anni sono stato vittima di tutto questo. Poi, alcuni anni fa, proprio quando ormai mi ero convinto che un’alternativa non potesse esistere, ecco la svolta: ho iniziato a viaggiare in Asia e ho scoperto il Buddhismo.
E delle tante straordinarie lezioni che ho imparato, ce n’è una che mi ha davvero cambiato la vita.
L’importanza del non-attaccamento
Rimasi senza parole quando un monaco thailandese mi disse che nel Buddhismo e in moltissime altre filosofie orientali non esiste il concetto di “sopportare” o “resistere”. Attenzione, ciò non significa che non esiste il concetto di “sofferenza“. Non esiste nel modo in cui lo intendiamo noi, ovvero come un logorio a cui ci sottoponiamo costantemente e consapevolmente, perché convinti che non esista alcuna alternativa.
Uno dei pilastri del Buddhismo è il non-attaccamento. Esso indica la consapevolezza che tutto è mutevole nella vita e nulla resta mai uguale a se stesso. Nel mio ultimo libro utilizzo la metafora del fiume per spiegare questa visione:
Tutto cambia, sempre. Nulla resta mai uguale a se stesso. Cambiamo noi e cambia la realtà intorno a noi. Per questo motivo, la vita è un fiume. Scorre in una sola direzione, in avanti, e non c’è modo di far scorrere la sua acqua indietro. Il fiume è il simbolo del continuo mutamento, perché non resta mai uguale. In ogni attimo, è diverso. Il fiume non si può fermare, qualunque cosa tu faccia, esso continuerà a scorrere. Se pensi di poterlo fermare, ti stai semplicemente illudendo. Quello che tu puoi fare è scegliere: vuoi essere una roccia che prova a opporsi al suo scorrere, oltretutto senza alcuna possibilità di farcela? Oppure vuoi scorrere con il fiume? Se scegli la prima opzione, sei destinato a soffrire. Se scegli la seconda, diventi parte del fiume. Diventi tu stesso Vita.
Tratto da “Succede sempre qualcosa di meraviglioso“
Fare propria questa visione è molto utile per smettere di soffrire. Il dolore che proviamo è infatti quasi sempre causato da qualcosa che è già successo o dalla paura per qualcosa che potrebbe succedere.
Noi occidentali siamo educati in modo tale da affrontare la vita senza questa consapevolezza. Ecco perché resistiamo, lottiamo, sopportiamo e siamo rocce che provano a opporsi al flusso eterno della vita.
In Oriente, invece, molte persone sono consapevoli del fatto che la sofferenza è causata dalla mente. Lo stesso Lao Tzu diceva, quasi tremila anni fa, che “chi è depresso vive nel passato e chi è ansioso vive nel futuro“.
E chi è felice, invece? Vive nel momento presente. Ovvero tutto ciò che possediamo e su cui abbiamo il controllo. Solo se siamo completamente immersi nel presente, possiamo scegliere se continuare a soffrire oppure no.
L’arte di lasciare andare: arrendersi e sconfiggere l’ego
Quando fai tua questa consapevolezza, poni le basi per imparare un’antica arte che rappresenta una sorta di antidoto a molte delle tue sofferenze: la pratica del lasciare andare.
Cosa significa concretamente? Significa arrendersi al momento presente. Non è una resa passiva, non è sottomissione, non è apatia o sconfitta. L‘unica sconfitta, in questo caso, è quella dell’ego, che vive di drammi, problemi, sofferenza e conflitti. Se gli togli la possibilità di rovistare tra un passato che non torna e un futuro che non esiste, gli impedisci di farti soffrire.
«A cosa ti riferisci di preciso quando parli di… sofferenza causata dell’ego?»
«Oh, può essere di molti tipi. Lo stress è la più comune, questo mostro silenzioso e invisibile che si nutre delle nostre energie e ci toglie la gioia del vivere. Cammina per le strade di una qualsiasi grande città e guardati intorno. Guarda le persone, i loro visi pallidi e tesi, i loro occhi spenti, le occhiaie, il loro vivere costantemente dentro lo schermo di un cellulare. Guarda come vivono con il pilota automatico, senza nemmeno rendersene conto. Guarda come si animano e tornano vivi solo quando provano sentimenti negativi: la rabbia, l’invidia, l’odio. Guarda come sono tutti perennemente preoccupati per qualcosa. E quando non c’è davvero alcun motivo per esserlo, se ne inventano di sana pianta. Sai perché? Perché l’ego ci vuole così. Preoccupati, stressati, pieni di rabbia. Perché questo ci dà l’idea di essere importanti, quasi come se il nostro valore fosse determinato da quanto soffriamo. L’ego è la rovina dell’uomo. È ciò che rende le persone ciò che sono oggi: individui che quando lavorano sono stressati perché lavorano; quando non lavorano sono stressati perché non sanno come riempire il tempo libero; quando si rilassano sono stressati perché si sentono in colpa.»
Tratto da “Succede sempre qualcosa di meraviglioso“
Cosa significa lasciare andare?
“Lasciare andare” è in realtà una vittoria. È l’arrendersi di fronte alla meraviglia della vita, che è sempre più grande di noi e dei nostri piccoli problemi.
È il guerriero che corre con la spada in mano e gli occhi iniettati di sangue ma poi, dinnanzi a un tramonto, si ferma, lascia cadere l’arma e scoppia a piangere per la felicità.
È smettere di pensare a ciò che sarebbe potuto essere, perché non sarebbe potuto essere nulla di diverso. Altrimenti lo sarebbe stato.
È rendersi conto che il futuro è solo un’ipotesi, che non è importante ciò che accadrà, ma quello che sta accadendo ora, qui, in questo preciso istante, in questo preciso luogo.
Si impara a lasciare andare quando ci si rende conto che la vita è preziosa e non possiamo sprecarla con questa sofferenza auto-inflitta.
Quando si capisce che non c’è sofferenza intorno a noi, in questo momento, perché la sofferenza è tutta nella nostra mente impazzita che tiene in ostaggio la nostra felicità dalla mattina alla sera.
Come si impara a lasciare andare?
Questa è una domanda che è stata posta milioni di volte. Ci sono metodi e strumenti differenti, alcuni efficaci e altri no, ma la verità è solo una: per lasciare andare, devi voler lasciare andare.
Troppo spesso preferiamo restare nella nostra bolla di sofferenza perché ci fa paura di mettere piede fuori e allontanarci. Nello specifico, siamo spaventati dall’idea che senza la sofferenza che proviamo da così tanto tempo perderemo anche la nostra identità. Lo spiego in questo passaggio del mio ultimo libro:
“Se hai affondato le radici della tua identità in qualcosa che non esiste più, temi che, lasciandolo andare, perderai anche te stesso, smetterai di esistere. Ecco perché le persone tendono ad aggrapparsi così disperatamente al passato. Ad esempio, nella tua mente ora tu sei “Davide, quello a cui hanno spezzato il cuore”. E se togliamo questo appellativo, cosa ti resta? Solo Davide. E chi è Davide? Non è facile rispondere a questa domanda. Rischi di non sapere chi sei nel profondo e andare in crisi. Ci vuole coraggio a guardarsi dentro, e allora meglio identificarsi con il proprio passato e con la propria sofferenza, mentre si spreca il proprio presente… vero? In realtà perdi te stesso proprio quando concentri la tua attenzione su qualcosa che non tornerà mai più, invece di concentrarci su ciò che hai e sei ora. Fatta tua questa consapevolezza, smetti di soffrire”
Tratto da “Succede sempre qualcosa di meraviglioso“
Se vuoi lasciare andare, dovresti innanzitutto ritagliarti del tempo per rilassarti, magari per fare una passeggiata oppure per osservare un tramonto. Stare un po’ da solo con te stesso, senza distrazioni e fastidi. Dovresti respirare profondamente e volere con tutto te stesso lasciarti alle spalle il peso che porti dentro.
Nel momento stesso in cui lo vuoi con ogni parte di te, con la tua mente, il tuo corpo e la tua anima, ecco che succede. Non si può spiegare razionalmente, lo si può solo vivere.
Improvvisamente ti senti leggero, svuotato nel senso migliore del termine: non ti manca nulla, devi solo riempire quello spazio che si è creato con qualcosa che ti rende felice.
Un messaggio per te che stai leggendo
Per molti quest’ultimo anno è stato terribile.
Non dimenticarlo, perché nulla va dimenticato.
Tutto fa vita, tutto ci insegna qualcosa.
Piuttosto, lascialo andare.
Non portare con te l’ansia, la paura e la sofferenza di questi ultimi mesi.
Non devi sopportare ancora tutto ciò.
Quello che è stato è stato.
Non avere aspettative negative: ogni mattina, quando ti alzi dal letto, hai davanti a te un nuovo inizio.
Se lo affronti con la leggerezza di chi ha lasciato andare, ogni giorno è quello giusto per la tua rinascita.