Se vuoi essere felice, pratica il non-attaccamento: niente e nessuno ti appartiene

Panta rei” è uno dei concetti più antichi del pensiero umano. Chiunque abbia studiato Filosofia a scuola sa che significa “tutto scorre” ed è attribuito al filosofo greco Eraclito. Secondo questa visione, la realtà sarebbe in continua evoluzione e nel corso del tempo nulla sarebbe mai uguale a nient’altro, nemmeno a sé stesso.

Questo è anche uno dei pilastri del Buddhismo. Si chiama “impermanenza” e indica che qualunque cosa è diversa rispetto a com’era un attimo fa e a come sarà un attimo dopo. Spesso viene utilizzata una metafora per spiegare questo concetto: la vita è un fiume, che scorre da sempre e per sempre.

È un flusso continuo e inarrestabile in cui ogni singolo elemento è in continua evoluzione.

La vita è un fiume e non puoi possedere un pezzo di fiume

Cosa c’entra l’impermanenza buddhista con la felicità? Apparentemente niente, se ragioniamo in termini materialistici. Se associamo una vita felice a una vita ricca di cose e denaro, che tutto scorra o niente scorra non ha alcuna importanza. Perché l’unica cosa che conta è avere, sempre di più.

L’impermanenza è esattamente il contrario: è una visione per la quale la felicità è tutta una questione di non possedere. Il ragionamento è questo: proprio perché tutto scorre e nulla resta mai uguale, secondo il Buddhismo credere di possedere qualcosa non è altro che un’illusione della nostra mente. E come tutte le illusioni, nasce dall’ignoranza (uno dei tre veleni dell’uomo). E come ogni forma di ignoranza, ci porterà solo sofferenza.

D’altronde, come puoi pensare di possedere un pezzo di fiume che scorre? Se la vita fosse una roccia, ferma e immobile, allora forse potresti dire di possederne una parte. Ma un fiume non si può trattenere. Prova a fermare l’acqua: non puoi. Ti scivola tra le dita. E allora perché sforzarti? Perché, invece, non inizi a scorrere con la vita senza la pretesa di possederne delle parti?

 

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Il non-attaccamento: niente e nessuno ti appartiene

Da questa premessa nasce uno dei concetti buddhisti che più amo: il non-attaccamento. Tutto si basa su un concetto semplice ma difficile da accettare: tu non possiedi niente e nessuno, perché tutto è in continuo cambiamento e nulla è per sempre.

La tua casa?
Il tuo partner?
Il tuo lavoro?
Le tue amicizie?
Le tue “certezze”?
Niente di tutto ciò è “tuo”. Se lo pensi, ti stai illudendo.

L’attaccamento è come credere di possedere un pezzo di acqua che scorre nel fiume. Il non-attaccamento è accettare che la vita è il fiume e dovremmo semplicemente scorrere.

Ecco un estratto del mio nuovo libro su questo argomento:

«È molto semplice: tu non possiedi niente e nessuno. Tutto è in continuo cambiamento e nulla è mai uguale a com’è nel momento precedente o in quello successivo. Ma allora che cosa ti appartiene davvero? Che cosa è davvero tuo per sempre? La tua casa? Il tuo compagno? Il tuo lavoro? Le tue amicizie? Le tue cosiddette “certezze”? Niente di tutto ciò è “tuo”. Se pensi il contrario, ti stai illudendo. L’attaccamento è come credere di possedere un pezzo di acqua che scorre nel fiume. Per i buddhisti, invece, bisogna accettare che la vita è il fiume e che noi dovremmo semplicemente scorrere. È il concetto del non-attaccamento.»
«Però, se nulla mi appartiene, cosa mi rimane?»
«È questo il bello. Quando ti liberi dall’attaccamento illusorio, ti rimane quanto di più prezioso e luminoso ci sia: te stesso. Tu sei la tua unica certezza in mezzo a questo continuo cambiamento. Ecco perché la fonte della tua felicità non dovrebbe mai essere qualcuno o qualcosa al di fuori di te, altrimenti, come già ti ho detto, ne diventi schiavo e crei delle aspettative che verranno puntualmente deluse. Se vuoi essere felice, pratica il non-attaccamento. A partire da ora.»

L’unica persona che puoi controllare sei tu

Potresti chiederti: ma allora cosa mi rimane? Se non possiedo la mia casa, il mio partner, il mio stato d’animo, che razza di vita sto vivendo?

Se ti poni questa domanda è perché ti sei fatto convincere da questa società iper-consumista che lo scopo della tua esistenza sia avere. Che tu sia qui per accumulare, trattenere, attaccarti a ciò che credi sia tuo.

Prova a cambiare prospettiva: lo scopo della vita è essere. Ed essere significa scorrere come scorre il fiume della vita, come scorre il tempo. Evolversi così come fiorisce un albero meraviglioso. Sorgere, splendere e tramontare come fa il sole. Accettare completamente e con gioia che tutto è impermanente e ogni cosa è destinata a nascere, evolversi e morire.

Ogni cosa: un oggetto, una relazione, uno stato d’animo, un corpo. Nulla è per sempre.

Potrebbe farti paura all’inizio, ma nel tempo capirai che scegliere di essere invece di avere significa vivere con la leggerezza dei monaci buddhisti. Loro praticano il non-attaccamento e quindi smettono di soffrire non dovendo trasportare dentro di sé quel peso tipico dell’attaccamento morboso: la paura di perdere le cose e le persone, l’ansia che qualcuno le danneggi o ce le porti via, il dubbio logorante che ciò che si ha non sia mai abbastanza.

Quando ti liberi di tutto ciò, spariscono le illusioni e la conseguente sofferenza. Ed ecco che ti rimane quanto di più prezioso e luminoso ci sia: te stesso.

Non-attaccamento vuol dire apprezzare ogni condivisione

Tu sei la tua unica certezza in mezzo a questo continuo cambiamento. Questo non significa non amare gli altri, non fidarsi, non condividere. Anzi, è proprio il contrario: chi pratica il non-attaccamento sa che niente e nessuno gli appartiene e quindi vive ogni attimo in compagnia dei propri cari come un regalo. È come se ogni momento di condivisione e amore fosse una sorpresa di cui essere grati.

Pratichi il non-attaccamento non perché non vuoi bene agli altri, ma perché vuoi che la fonte della tua felicità non dipenda da qualcuno o qualcosa al di fuori di te. Altrimenti ne diventi schiavo e crei delle aspettative che verranno puntualmente deluse. Se invece la tua felicità dipende solo da te, ecco che sei in controllo della tua vita.

Come si pratica il non attaccamento?

C’è solo un modo per riuscire a distaccarsi positivamente e pacificamente dal rapporto di dipendenza (o schiavitù, spesso) che abbiamo con gli altri. Ed è imparando a stare bene da soli.

Ecco perché è fondamentale ritagliarsi ogni giorno del tempo per l’introspezione e la solitudine. Non è egoismo, è amor proprio. Non è un capriccio, è l’unico modo per vivere serenamente la tua esistenza.

Solo quando impari a stare bene solo con te stesso riesci a trovare la pace: ti accetti nel profondo e ti prendi cura di te. Nessun attaccamento morboso alle cose, che si rompono, si perdono, creano ansia e smettono di funzionare. Nessun attaccamento morboso alle persone, che non controlliamo. Che ci piaccia o no, nessuno dipende da noi, così come noi non dovremmo mai dipendere da nessuno.

Se ti impegni a stare bene da solo, succederanno 3 cose meravigliose:

  1. troverai la libertà, perché non dipenderai più da nessuno;
  2. troverai la felicità, perché essere felice sarà una tua scelta;
  3. troverai la forza, perché nessuno potrà più farti soffrire
Per altri insegnamenti zen, il mio nuovo libro: Succede sempre qualcosa di meraviglioso

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Gianluca Gotto
Gianluca Gotto
Sognavo di lavorare viaggiando, oggi scrivo mentre giro il mondo. Ho aperto Mangia Vivi Viaggia per condividere la bellezza che abbiamo intorno e mostrare che spesso la felicità si trova nelle scelte di vita alternative

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