Nell’agosto del 2018, la 15enne Greta Thunberg ha iniziato a manifestare pubblicamente ogni giorno sedendosi davanti al parlamento svedese, a Stoccolma. La sua protesta era contro il governo, colpevole di non fare niente di concreto per ridurre le emissioni di gas serra, quelli che causano l’innalzamento della temperatura globale e una conseguente lenta morte del nostro pianeta.
Con questo gesto pacifico e silenzioso, Greta ha dato il via a un movimento globale: Fridays for Future, una serie di manifestazioni studentesche che si tengono il venerdì e servono a sensibilizzare il mondo intero sulla questione dei cambiamenti climatici.
Si potrebbe parlare a lungo del “personaggio Greta” e dell’improvvisa e inaspettata attenzione mediatica che ha ricevuto. Io stesso, pur credendo ciecamente alle ottime intenzioni della ragazza svedese, mi sono chiesto per quale motivo si sia parlato di lei così tanto quando per anni ho visto con i miei occhi attivisti ambientalisti totalmente ignorati, tanto sui media tradizionali quanto online.
Ad esempio, ho notato con rammarico la quasi totale indifferenza nei confronti di personaggi come Rob Greenfield (ne parlo in questo articolo) o Carolina Sevilla (ne parlo qui), che oltretutto offrono proposte ecologiste concrete e alla portata di chiunque per fare la differenza ogni singolo giorno (in questo articolo parlo di Rob, in questo di Carolina).
Ma questo articolo non parla di Greta, bensì di quello che Greta non dice. Oppure di ciò che dice ma viene assolutamente ignorato dai media.
Quello che Greta non dice o non viene riportato: manifestare non basta
D’altronde, come ci è stata presentata Greta Thunberg? Come una studentessa che chiede ai politici, agli scienziati e ai potenti di tutto il mondo di fare qualcosa per salvare il pianeta. Messa così, inevitabilmente, moltissime persone reagiscono pensando: “Ma perché non fa qualcosa di concreto lei in prima persona invece di pretendere?“
In realtà Greta lo fa, scegliendo ad esempio di non mangiare carne e prodotti di origine animale. Ma questo non viene riportato quasi da nessuno e il motivo è semplice: è molto più facile credere che basti marciare qualche venerdì dell’anno per salvare il mondo invece di affrontare l’unica verità possibile, ovvero che il cambiamento debba avvenire nella nostra quotidianità, al costo di rivedere tutte le convinzioni e rinunciare a molte abitudini che abbiamo da sempre.
Non voglio far passare quanto segue come verità scomode o comandamenti da seguire alla lettera, ma c’è una cosa che ho pensato fin dal primo giorno del grande circo mediatico che è stato costruito intorno a questa meravigliosa e coraggiosa ragazza svedese: l’unico modo (e sottolineo: l’unico) per fare la differenza sulla questione climatica è cambiando in prima persona il proprio stile di vita.
Non ci sono scuse, non esistono obiezioni: le manifestazioni sono utili a esporre il problema e far capire a tutti che non c’è più tempo, ma non hanno alcun effetto concreto sulla questione climatica. Manifestare è sacrosanto ed è utilissimo per portare avanti una causa, ma non basta.
Se vuoi fare qualcosa di concreto per ridurre l’inquinamento, lo sfruttamento e tutto il dolore che stiamo infliggendo alla Terra, devi essere tu a cambiare. Siamo in 7 miliardi su questo pianeta e più di un miliardo di noi vive nel cosiddetto “Occidente”, dove abbiamo la libertà di scegliere di vivere in modo più consapevole. Non fare nulla è una scelta di cui dobbiamo prenderci la responsabilità.
Invece di manifestare e chiedere a gran voce un cambiamento, dovremmo essere noi il cambiamento. Ma sia chiaro: non è facile. Nessuno può dire che lo sia. Cambiare è sempre difficile e lo è ancora di più quando riguarda abitudini consolidate da anni e anni di routine.
Però è necessario. Se tieni veramente al pianeta su cui vivi, se vuoi davvero ridurre il tuo impatto ambientale, non puntare il dito (tanto meno contro una ragazza di 16 anni che sta facendo qualcosa di immenso) ma fai qualcosa di concreto.
E se non sai da dove iniziare, parti da questi 6 consigli che non riguardano solo il surriscaldamento globale ma l’inquinamento del pianeta in ogni sua forma (specialmente nella produzione di rifiuti). Non sono uno scienziato, né un esperto ambientalista, ma il punto è proprio questo: non abbiamo bisogno di loro per salvare il pianeta. Dipende tutto da noi. Non c’è niente da discutere, c’è solo da agire e cambiare, ogni singolo giorno.
Cosa puoi fare concretamente per salvare il pianeta
1. . Riduci drasticamente il consumo di carne, latticini e uova
Come racconto nel capitolo “La fabbrica dei polli” del mio libro, sono diventato vegetariano anni fa in Australia. In realtà non consumo neanche uova e latticini e ho preso questa decisione per motivi puramente etici: non credo che l’uomo, al giorno d’oggi, abbia bisogno di uccidere e provocare sofferenze atroci agli animali per soddisfare i propri capricci culinari. Mangio bene e mangio alla grande anche senza alimenti di origini animali nella mia dieta (potresti pensare che sia impossibile. Lo pensavo anche io, ti invito a provare prima di giudicare).
Dal mio personalissimo punto di vista, l‘aspetto etico è già un ottimo motivo per smettere di consumare carne e prodotti di origine animale, ma ci sono anche delle motivazioni estremamente convincenti dal punto di vista ecologico. La prima riguarda lo sfruttamento enorme che deriva dall’allevamento di animali.
Pochi lo sanno, ma l’allevamento di animali da macello causa (da solo!) più del 15% del totale di tutte le emissioni di gas a effetto serra e quasi un terzo del consumo di acqua di tutte le attività umane è impiegato per allevare animali destinati al macello.
D’altronde, per produrre un chilo di carne di pollo sono necessari 3.900 litri (tra la coltivazione del mangime per allevarlo e l’acqua effettivamente bevuta dall’animale nel corso della sua “vita”), per un chilo di carne di suino quasi 6.000 litri mentre per un chilo di carne bovina ce ne vogliono addirittura 15.500 (perché un bovino vive più a lungo).
E oltre alla carne, c’è la questione dei latticini: una vacca da latte beve 200 litri di acqua al giorno. Mangiare carne, formaggi e uova significa richiedere al pianeta Terra uno sforzo che non è più sostenibile con sette miliardi di abitanti.
Si tratta di un vero e proprio sfruttamento che ha effetti devastanti non solo per quanto riguarda l’emissione di gas a effetto serra ma anche nella distruzione della biodiversità: migliaia di chilometri quadrati di foreste e aree incontaminate sono state e sono rase al suolo per poter coltivare la soia, alimento base nell’alimentazione degli animali destinati al macello.
Negli ultimi 50 anni, un quinto della foresta amazzonica è stato disboscato per creare campi di produzione di soia. Qualcuno potrebbe dire: “Vedi, i vegani mangiano la soia, è colpa loro!“. Niente di più sbagliato: dell’attuale produzione mondiale di soia, solo il 6% è destinato al consumo umano. Il 94% è destinato agli animali da allevamento.
Se tutto il mondo diventasse vegetariano dall’oggi al domani, avremmo comunque molta più soia a disposizione di quanta ce ne servirebbe, perché gli animali che dobbiamo sfamare per poter avere la loro carne, il loro latte e le loro uova sono centinaia di miliardi mentre noi siamo solo sette miliardi.
Sono dati che raccontano una sola verità e per nulla opinabile: se ci tieni al pianeta in cui vivi, devi ridurre drasticamente il consumo di carne, latticini e uova. E se vuoi un motivo per diventare completamente vegano, pensa a questo: ogni anno vengono uccisi 100 miliardi di animali per soddisfare bisogni di cui non abbiamo assolutamente bisogno. Altri miliardi di animali vivono esistenze misere e piene di dolore per poter ottenere da loro latte e uova (ti consiglio di guardare su YouTube il documentario di Joaquin Phoenix “Earthlings“).
È bello scrivere sui social quanto ami il pianeta e quanto lo vuoi salvare, ma se poi mangi ogni giorno un panino al prosciutto, ti stai comportando ipocritamente e stai facendo più danni che altro. Meno parole, più fatti: solo così possiamo salvare il pianeta.
2. Mangia, consuma e vivi LOCAL
Ridurre il consumo di alimenti di origine animale non basta. Se diventi vegano e poi acquisti la quinoa prodotta in Perù, gli avocado del Messico, l’ananas del Costa Rica, il riso della Cambogia stai contribuendo concretamente alla distruzione del pianeta.
Fermati un attimo a pensarci: se il kiwi che hai in mano è stato coltivato in Nuova Zelanda, quanti migliaia di chilometri ha percorso per arrivare sulla tua tavola? Se ogni giorno mangi un prodotto che arriva dall’altra parte del mondo, sei direttamente responsabile di una grande emissione di CO2. Di cui potresti assolutamente fare a meno.
Al giorno d’oggi, una delle cause di maggiore inquinamento di gas a effetto serra sono i trasporti e i prodotti alimentari sono tra i principali responsabili delle migliaia di partenze di aerei, treni, navi e camion che avvengono quotidianamente.
Vuoi fare qualcosa di concreto per contrastare la distruzione del pianeta? Mangia, consuma e vivi in modo “local”. Significa, ad esempio, che non acquisti i kiwi neozelandesi o i melograni israeliani ma compri solo prodotti coltivati in Italia. E se mangi carne, uova e latticini, dovresti farlo andando ad acquistarli in realtà locali, non nella grande distribuzione.
In un certo senso fai meno danni a comprare le uova in campagna direttamente dal piccolo produttore invece di acquistare la quinoa importata dal Perù, perché per produrla sono state disboscate intere foreste e sono quindi morti migliaia di animali e piante, senza contare tutto l’inquinamento causato dal trasporto dei prodotti da una parte all’altra del mondo.
Costa di più vivere local? Non è detto ma anche se fosse così, consideralo parte del tuo (piccolo) sacrificio per salvare il pianeta su cui vivi. E poi, invece di chiederti perché dovresti spendere di più, chiediti come sia possibile che un frutto coltivato dall’altra parte del mondo costi meno di quello coltivato dietro casa, nonostante sia stato trasportato per migliaia di chilometri.
Il discorso non riguarda solo il cibo ma tutti i consumi: se ne hai la possibilità, acquista tenendo in considerazione la distanza dal luogo di produzione. Oltre a risparmiare tonnellate di CO2 prodotta, darai anche il tuo contributo all’economia locale.
3. Boicotta l’usa e getta, in tutte le sue forme
L'”usa e getta” è il male. È una delle massime espressioni del consumismo sfrenato di stampo americano che ha devastato le risorse, gli animali e le persone del nostro pianeta in nome del capitalismo e del desiderio di avere sempre di più. Se vuoi dare un contributo concreto (e gratuito!) nella causa ambientalista, rifiuta tutto ciò che è usa e getta.
Inizia da un gesto veramente banale eppure ancora così poco diffuso: quando vai a fare la spesa, porta i sacchetti da casa, non comprarne di nuovi ogni volta. È un piccolo accorgimento ma diminuisce nettamente il tuo impatto ambientale.
Come scrivo nel mio libro, rimasi sorpreso dalla grande consapevolezza del popolo di Vancouver: nella maggior parte dei supermercati, tutto ciò che era in vendita era “sfuso”, senza packaging. Se volevo comprare i cereali per la colazione, in Canada potevo farlo da un distributore e poi pagarli al peso. Da noi funziona solo con la frutta e la verdura, in altre parti del mondo funziona così per qualsiasi prodotto, dal sapone liquido alla pasta.
La differenza che puoi fare boicottando l’usa e getta è enorme e si concretizza soprattutto nel rifiuto di utilizzare prodotti in plastica. No alle posate in plastica, no ai piatti in plastica, no a inutili contenitori in plastica. È valido nella vita di tutti i giorni, ma anche e soprattutto quando viaggi: porta con te una borraccia per bere l’acqua invece di comprare continuamente bottiglie in plastica. Se ci tieni davvero a ridurre gli sprechi, acquista una tazza in bamboo e quando vai a prendere un caffè fattelo versare direttamente lì dentro. Se vai a mangiare fuori e non riesci a finire il cibo che hai nel piatto, chiedi di fartelo mettere dentro al tuo contenitore, quello che ti sei portato casa.
Come vedi, sono gesti che sconvolgono le tue abitudini, ma sono necessari e anche molto facili da adottare. Non ci sono scuse: rifiuta l’usa e getta e impara l’arte del riutilizzo. L’impatto positivo di questa scelta è molto più grande di quanto tu possa immaginare, perché risparmi chili di rifiuti ogni singolo anno.
4. Smetti di comprare cose di cui non hai davvero bisogno
Un gesto di ribellione bellissimo che puoi fare nella tua personale battaglia all’inquinamento è scegliere di non comprare niente di nuovo, se proprio non è necessario. Questa società iper-consumista in cui viviamo ci porta a credere che solo le cose nuove abbiamo valore, mentre ciò che è usato debba, in qualche modo, farci schifo. Così buttiamo via oggetti perfettamente funzionanti solo perché sono “vecchi” e riempiano le nostre case di oggetti nuovi, che poi diventano presto vecchi e vengono a loro volta sostituiti.
Tutto ciò causa sprechi immensi e quantità assurde di rifiuti da smaltire: ogni volta che acquisti qualcosa online stai facendo partire un corriere per te, butterai involucri e scatole nell’immondizia e un domani dovrai smaltire il prodotto quando lo sostituirai con uno nuovo.
In realtà gli oggetti usati hanno un valore, a volte anche superiore a quelli nuovi. L’esempio più calzante è probabilmente quello dell’automobile: hai davvero bisogno di introdurre un’automobile nuova sul mercato nel 2019 con tutta l’offerta sconfinata che c’è nell’usato? No e se lo fai è solo per un tuo capriccio.
Ma in realtà vale per qualsiasi prodotto, che sia una bicicletta, uno smartphone, un computer, una macchina del caffè o i vestiti. Non immettere sul mercato un prodotto nuovo, siamo già sommersi di cose. L’usato ti fa risparmiare ed evita di creare nuovi rifiuti da smaltire.
5. Impara l’arte del riciclo
6. Viaggia in modo consapevole
Ho sentito dire, a volte, che viaggiare sia inquinante ed è giusto che ognuno di noi affronti la realtà: in un certo senso è vero. Viaggiare significa spostarsi e proprio come è inquinante comprare un prodotto che richiede un lungo trasporto, viaggiare tanto causa emissioni importanti di C02.
Ciò significa che non dovremmo più viaggiare? Assolutamente no.
Credo che adottare uno stile di vita attento alla questione ambientale sia innanzitutto una questione di equilibrio. Se nella tua quotidianità fai attenzione a non generare sprechi inutili e vivi in modo eco-consapevole, puoi “permetterti” di prendere un aereo per andare lontano da casa. Detto ciò, è innegabile che una persona che prende dieci o più aerei all’anno abbia un impatto notevole sulla salute del pianeta.
Ma ricorda: viaggiare non significa per forza andare dall’altra parte del mondo. Vuoi essere un viaggiatore incallito ma ecologista? Viaggia lentamente. Fai un viaggio a piedi, ad esempio, come il cammino di Santiago. Oppure riscopri la bellezza delle tue terre senza dover salire su un aeroplano. E se devi volare, scegli voli diretti, diminuendo notevolmente il consumo di carburante dovuto al tuo spostamento.
Io amo l’Asia ma al tempo stesso non voglio prendere troppi aeroplani, proprio per la questione ambientale. Per questo motivo prendo un diretto Milano-Bangkok una sola volta all’anno e poi mi fermo in Asia per lunghi periodi, spostandomi con bus, treni e navi prendendo l’aereo solo quando è necessario.
Chiaramente mi rendo conto che non tutti sono nomadi digitali e possono fare come faccio io, ma se vuoi viaggiare in terre lontane assicurati di avere il giusto tempo a disposizione. Evita, ad esempio, di fare un tour di una settimana in Giappone: aspetta di avere a disposizione più tempo e goditi la destinazione lentamente.
E se è vero che viaggiare inquina per gli spostamenti, non solo assolutamente d’accordo con chi dice che anche vivere da viaggiatore lo sia. Come ho scritto in questo articolo, con i giusti accorgimenti si può essere eco-viaggiatori.
7. Fai delle tue gambe e di una bicicletta il tuo mezzo di trasporto
Come detto in precedenza, uno dei motivi più grandi dell’inquinamento ambientale riguarda i trasporti. Il 15% della produzione di gas serra globale è dovuta ai trasporti. Molti si lamentano di questa piaga ma non fanno nulla di concreto per cambiare la situazione, quando la soluzione è alla portata della maggior parte di noi: dovremmo utilizzare il minimo possibile l’automobile.
Abbiamo due gambe per camminare e per le distanze più lunghe c’è la bicicletta. Se dobbiamo andare al lavoro potremmo affidarci ai mezzi pubblici oppure fare una “macchinata” tra colleghi (un’altra iniziativa bellissima che vedevo spesso a Vancouver). Pensa a quante persone si recano al lavoro ogni giorno viaggiando da sole in automobile… se ognuna di loro si unisse ad altre tre, quanto sarebbe meno inquinata l’aria delle nostre città?
Oltre all’aspetto ecologico, camminare e andare in giro in bicicletta è anche un toccasana per la salute e per il proprio benessere emotivo. L’automobile è importante ma dovrebbe essere l’ultima delle nostre opzioni sulle brevi distanze. Riscopri il piacere di muoverti senza emissioni, farà bene a te stesso e al pianeta che ti ospita.