La vita è al 10% quello che ti succede, al 90% come reagisci

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Alla fine ci sono due soli modi di prendere la vita: attivamente o passivamente. Questo discorso risponde anche alla domanda su come cambiare vita, ma andiamo per gradi.

Partiamo dal secondo, visto che è il più diffuso: cosa significa prendere la vita passivamente? Ci sono molte sfumature all’interno di questa attitudine, ma fondamentalmente vuol dire credere che la vita ci succeda senza che noi possiamo fare niente a riguardo.

Chi la pensa in questo modo, è convinto che sia tutta una questione di fortuna e sfortuna. Pensa che il suo percorso su questa Terra sia determinato da tanti fattori ma mai dalle proprie scelte, perché queste influiscono in minima parte sul risultato finale. Della serie: “Puoi impegnarti quanto vuoi, ma è tutto inutile: non dipende da te. Niente dipende da te.

Vivere la vita passivamente: apatia assoluta oppure ansia

La trovi una visione deprimente? Lo è. Eppure è anche la più comune: in giro non si sentono altro che lamentele e piagnistei sulla propria condizione di vita, che, oltretutto, non è mai il risultato delle proprie azioni. No, è sempre colpa di qualcun altro: dei politici, del proprio capo, dell’ex moglie/marito, dei figli, di Dio, della sfortuna.

Questo significa prendere la vita con passività: lasciare che tutto dipenda sempre da elementi esterni. Una passività che a volte si trasforma in apatia, quella delle “vacche indù” citate in Fight Club: se piove, le vacche stanno a prendere la pioggia; se c’è il sole, le vacche stanno a scottarsi. Sempre impassibili, vuote e incuranti, ferme in attesa di chissà che cosa.

Altre volte, invece, la passività diventa ansia. D’altronde, come potresti non sentirti agitato e impaurito all’idea che nulla di ciò che puoi fare sia utile a determinare la tua condizione di vita? Ragionare in questo modo significa sentirsi come un uomo solo su una nave senza timone, che si fa sballottare dalle onde e trasportare dalle correnti.

Chi non avrebbe l’ansia in una situazione del genere?

Prendere la vita attivamente: cosa significa?

L’altro modo di prendere la vita è quello che ho adottato ormai diversi anni fa. Come racconto nel mio libro “Le coordinate della felicità“, la mia grande rivoluzione personale è iniziata grazie ad alcuni viaggi e a delle esperienze molto intense, ma prima di tutto è stato fondamentale cambiare atteggiamento.

Prima ero la tipica persona che si lamentava sempre e puntava il dito in tante direzioni diverse per giustificare la sua infelicità, ma mai verso di sé. Poi un giorno mi sono detto di smetterla. Mi sono guardato allo specchio e mi sono detto:

“Basta, sai benissimo che questo è un atteggiamento passivo e infantile. Tu sei meglio di così. Se vuoi cambiare, prendi delle decisioni forti e cambia”

Fino a quel momento avevo sempre agito secondo delle non-scelte, come le definisco nel mio libro. Non avevo scelto nulla nella mia vita, avevo accettato tutto passivamente. L’università, ad esempio, non mi ero mai chiesto se volessi farla; mi ero iscritto semplicemente perché la facevano tutti.

Pochi giorni dopo essermi guardato allo specchio e aver deciso di cambiare, andai a presentare la rinuncia agli studi. Ecco la mia prima scelta consapevole. Ecco il momento in cui scelsi di prendere la vita attivamente e smettere di subirla.

Come cambiare vita? Cambiando atteggiamento

Ma quindi la vita dipende totalmente dalle scelte che prendiamo? No, questa è una visione estrema tanto quanto quella per cui nulla di ciò che facciamo serva a qualcosa. Non siamo in grado di controllare tutto, ed è vero: c’è chi è più fortunato e chi è più sfortunato.

Non possiamo fare accadere la vita esattamente come vorremmo noi, perché la vita è piena di incertezza. Ma il punto è che tutto questo non dovrebbe interessarci. Il cambiamento si aziona quando smetti di concentrarti sulla casualità dell’esistenza, perché quella non puoi controllarla in alcun modo.

Una volta un anziano monaco buddhista con cui ebbi l’onore di conversare in Thailandia, mi disse una frase per spiegare quanto fosse insensata la mia eccessiva programmazione del futuro:

“Tu non hai garantito nemmeno un altro respiro. La vita non è domani. È qui e ora”

Accettare che nulla sia certo, nemmeno il tuo prossimo respiro, è un atto di consapevolezza che all’inizio fa paura. Ti fa sentire proprio come quell’uomo solo su una barchetta trascinata dalle onde, o almeno, questa è una reazione comune in Occidente. La paura, ovviamente, porta a diventare passivi, a credere che tutto sia inutile perché non siamo più forti delle correnti del mare. Tanto vale arrendersi.

La realtà è ben diversa. Certo, la vita di ognuno di noi è soggetta all’influenza di elementi esterni, spesso assolutamente imprevedibili e/o casuali. Eppure, ognuno di noi ha sempre la possibilità di scegliere.

La vita non è ciò che ti succede, ma come reagisci

C’è chi di fronte a questa riflessione dice che non è vero. Dice che non ha scelto di subire tutto il dolore che è stato costretto a subire. Prendiamo l’esempio di una persona che ha subito un evento doloroso e particolarmente sfortunato come un lutto improvviso. Ha forse scelto di perdere un proprio caro? Ovviamente no. E allora dove sta la scelta?

La scelta è tutta nella reazione. Perché se è vero che non possiamo decidere che cosa ci succede, è altrettanto vero che possiamo sempre decidere come reagire a quello che ci succede.

Quando ci accade qualcosa di negativo, possiamo scegliere se reagire con ulteriore negatività oppure con positività. Vogliamo chiuderci nel dolore e nella sofferenza e passare anni a lamentarci per l’ingiustizia che abbiamo subito? Oppure vogliamo ritornare a vivere con forza, anche in onore della persona che abbiamo perso e che sicuramente non ci vorrebbe mai vedere così depressi e senza speranze.

In qualsiasi momento della tua vita, avrai sempre la possibilità di scegliere come reagire. In Asia c’è il culto dei maestri zen che, catturati e torturati, riuscirono a sopravvivere appellandosi proprio alla loro possibilità di scegliere come reagire di fronte a quei dolori lancinanti: potevano lasciarsi andare e morire, ma scelsero di voler vivere. E così vissero.

Anche senza diventare un maestro zen, è possibile fare propria questa mentalità nella vita di tutti i giorni. Tutto parte da una consapevolezza difficile da accettare: la vita è solo al 10% quello che ti succede; al 90% è come reagisci. Quando fai tua questa verità, il tuo atteggiamento nei confronti della vita stessa cambia radicalmente. In meglio.

Il primo passo: diventare attivo

In precedenza ho scritto che per me il primo vero passo per cambiare vita è stato cambiare mentalità. Ma concretamente cosa significa? Diventare attivi, appunto. Ad esempio, ricordo che non sopportavo più l’idea di avere un capo che mi considerava solo un numero.  All’epoca, come racconto nel mio libro “Le coordinate della felicità“, ero un operaio in una fabbrica del pane in Canada, totalmente insoddisfatto e perennemente frustrato.

Diventare attivo, nel mio caso, significò licenziarmi, cambiare lavoro e poi diventare un nomade digitale, ovvero un freelancer giramondo che può gestire il suo tempo e la sua vita in totale libertà. Rischiare, pur di non subire passivamente.

Se tu non sai da dove partire per cambiare il tuo atteggiamento, non ti preoccupare. Purtroppo è normale, al giorno d’oggi la vita è diventata complicata e confusionaria, due elementi che alimentano la fiamma dell’infelicità. Ma c’è una buona notizia: in realtà cambiare atteggiamento è alla tua portata.

Il primo passo è appunto diventare attivo. Smettere di vivere sulle non-scelte e iniziare a scegliere consapevolmente, anche al costo di porti domande molto scomode (una su tutte: sei felice di quello che fai?). Significa essere come il maestro zen che reagisce alle torture con la volontà di vivere e non come le vacche indù che subiscono passivamente tutto ciò che gli succede.

Il secondo passo: diventare ottimista (non è quello che pensi)

Il secondo passo è diventare una persona ottimista. Attenzione, questo non significa credere che tutto andrà bene senza muovere un dito, perché l’atteggiamento attivo è comunque imprescindibile. Per me essere ottimisti significa tutt’altro: credere nella propria capacità di reagire con positività agli eventi negativi che arriveranno.

Non vuol dire pensare ingenuamente che dopo la pioggia spunteranno fuori il sole, l’arcobaleno e gli unicorni ma credere fortemente che tu, a un certo punto, stufo di aspettare, ti metterai a ballare e ridere sotto la pioggia. Ovvero che invece di rimandare la tua felicità a quando smetterà, sceglierai di essere felice mentre piove.

Questo significa reagire. Questo significa smettere di sopravvivere e iniziare a vivere davvero.

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Gianluca Gotto
Gianluca Gotto
Sognavo di lavorare viaggiando, oggi scrivo mentre giro il mondo. Ho aperto Mangia Vivi Viaggia per condividere la bellezza che abbiamo intorno e mostrare che spesso la felicità si trova nelle scelte di vita alternative

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