Nella vita si può soffrire per tante ragioni.
Per amore, per i soldi, per i propri fallimenti.
Per il passato e per il futuro.
Di un dolore fisico o emotivo.
A causa di altri e per i propri sensi di colpa.
I motivi sono tanti ma sono convinto che ce ne sia uno alla base di tutto: l’uomo ha perso contatto con il Tutto di cui fa parte.
In questi tempi in cui non si crede più in nulla perché nulla è rimasto misterioso e magico, in questi tempi cui ogni cosa è sempre più specifica, complessa e razionalizzata, l’uomo è finito dentro una grande trappola dell’ego.
Così concentrato su se stesso, sui suoi bisogni, sulle sue paure e sul desiderio di avere sempre di più, si è convinto di valere più di tutto il resto, quasi come se non ci fosse nulla di più prezioso.
L’uomo si crede al centro dell’Universo e in questo modo, senza rendersene conto, si esclude da quello stesso Universo.
Diventa come la tessera di un meraviglioso mosaico che si stacca e cade per terra. Prima era parte di qualcosa di grandioso, ora è solo un frammento che si nota di più ma non vale più niente.
Quando succede, quando ci si distacca dalle altre persone, dalla Natura, dalla condivisione, dal flusso incessante del Tutto, in quel preciso istante ci si condanna a una sofferenza perpetua.
Perché l’ego ci dice una cosa: tu vali più di tutto il resto.
E così ci spinge a concentrarci solo sui nostri piaceri e bisogni, dandoci quindi una visione incredibilmente limitata dell’esistenza: il lavoro, le ambizioni, i soldi, i rapporti sociali e via discorrendo.
Ci porta a considerare le altre persone come ostacoli, problemi, nemici. Ci costringe a trincerarci in noi stessi, escludendo chiunque, perché nessuno è più importante di noi.
Così nascono tutte le paure dell’uomo di oggi, dall’idea che la vita sia tutta qui e siamo costretti alla solitudine, perché niente conta più dell’Io. Come se non ci fosse nient’altro, come se tutto fosse destinato a finire insieme alla nostra esistenza e la vita sia quindi da allungare rischiando il meno possibile, anche se ciò significa rinunciare a vivere a pieno.
L’uomo diventa schiavo delle paure: quella di ammalarsi, quella del giudizio altrui, quella del fallimento, quella del dolore… ma soprattutto la logorante paura della morte.
Ma la morte è davvero la fine?
Un tempo ne ero convinto. E infatti ne avevo paura. Poi un giorno mi sono ritrovato lontano dalla tecnologia, dagli specchi e dal rumore. Ho incontrato una tipologia di silenzio che non ascolti, ma senti.
E per la prima volta mi sono sentito parte di un flusso eterno che non ha né inizio né fine. Un Tutto di cui ognuno di noi fa parte, da sempre e per sempre.
In quel momento ho capito che la morte è solo la fine dell’ego e che lo stesso concetto di fine non è altro che una nostra invenzione. Così come quello di inizio. Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma.
Quel giorno la paura è passata e mi sono sentito avvolto da questa verità calda e meravigliosa per cui ognuno di noi è parte di qualcosa di molto più grande, che include ogni forma vivente.
Così ho capito che la soluzione a molte delle paure di noi uomini e donne occidentali immersi in questa era iper-connessa eppure più soli che mai, è nella condivisione.
Quando ho capito che una visione ego-centrica della vita non porta altro che depressione, solitudine e sofferenza, ho capito che tornare a sentirmi parte del Tutto di cui anche io, umile goccia nell’oceano, faccio parte era la risposta a tutte le domande.
E così mi sono sentito come una tessera del mosaico rimessa al suo posto.
Se riesci a far tua questa consapevolezza, i tuoi problemi, le tue paure e le tue ansie diventano improvvisamente piccole e insignificanti. Riscopri il piacere di condividere la vita con altre forme di vita: persone, sicuramente, ma anche animali. Anche una piantina, se ti fa ritrovare quella connessione perduta.
Ti senti a casa. Al sicuro. Per sempre. E capisci che non devi perdere tempo a cercare di capire la vita. La vita non va spiegata. Va semplicemente vissuta a pieno. Qui e ora.