Quando viaggi, mangia il cibo del luogo: è un viaggio nel viaggio

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I veri viaggiatori non sono particolarmente interessati alla destinazione. Non gli importa più di tanto di essere in un luogo oppure in un altro, perché hanno capito che l’essenza del viaggio non è nell’arrivare a destinazione.

L’esperienza è ciò che spinge migliaia di viaggiatori (quelli che nel mio libro definisco persone “con l’erba che cresce sotto i piedi“) a partire continuamente non solo alla scoperta di nuove mete ma anche e soprattutto per vivere esperienze nuove e intense.

Questo fa un viaggiatore: si immerge completamente in un contesto nuovo senza paura e pregiudizi, con una implacabile curiosità ma anche con grande rispetto nei confronti dell’oggetto della sua scoperta.

Ecco perché per un viaggiatore la destinazione è secondaria: può trovarsi in Sud America, in Asia o in Europa ma ciò che più conta è l‘esperienza che riesce a ricavare dal viaggio.

Esistono moltissimi modi per vivere a pieno l’esperienza del viaggio. Si può scegliere di interagire con le persone del luogo invece di parlare solo con altri viaggiatori, spostarsi lentamente per poter osservare la quotidianità delle persone che abitano le terre che si stanno visitando, perdersi per le strade di una località sconosciuta per scoprirne la vera essenza, rinunciando a vedere le attrazioni turistiche.

Ma uno dei modi più primitivi ed efficaci per vivere a pieno l’esperienza di un viaggio e iniziare l’esplorazione di un nuovo luogo è attraverso il cibo.

L’Asia e la tradizione culinaria

I primi veri viaggi che ho fatto nella mia vita sono stati in Australia e in Canada, nazioni dove mi ero trasferito a vivere e lavorare. Sono paesi pieni di luoghi meravigliosi ma con una tradizione culinaria scarsa, un melting pot culinario che rispecchia il melting pot sociale creato dalle tante generazioni di immigrati.

Poi ho viaggiato in Asia. E mi si è aperto un mondo.

Perché se è vero che anche ad Oriente sta avanzando inesorabile la globalizzazione, è altrettanto vero che esistono centinaia di tradizioni culinarie tramandate di generazione in generazione che sono ancora molto presenti nella quotidianità delle popolazioni del luogo.

Mi è bastato mettere piede a Bangkok per capirlo.

Lo street food e il mio primo Pad Thai

Era la mia prima volta in Asia e ovunque vedevo banchetti dello street food, persone di ogni età e sesso che “spadellavano” con questi wok enormi e usurati, verdure tagliate alla velocità della luce, riso, noodles, carne, pesce, tofu e uova che venivano cotti e mangiati in ogni modo possibile e immaginabile.

Notai immediatamente che, rispetto a molte nazioni occidentali, il cibo era protagonista nella vita delle persone. Non era un aspetto secondario, da consumare come si consuma qualsiasi cosa al giorno d’oggi: velocemente, senza consapevolezza, generando sprechi.

il cibo era sacro: dalla preparazione all’atto di mangiare, notai un rispetto andato perduto nelle nostre grandi città, che sopravvive solo nelle piccole realtà alle nostre latitudini. E dire che non mi trovavo in qualche posto sperduto della Thailandia ma sulla sua strada più popolare e turistica! Ciononostante, le persone preferivano lo street food cucinato dalla gente del luogo ai panini del Burger King poco distante.

Rimasi così affascinato da questa passione per il cibo che decisi di iniziare la mia esplorazione della Thailandia mangiando un Pad Thai. Un momento che racconto così nel mio libro “Le coordinate della felicità“:

La prima cosa che mi colpì della Thailandia fu il profumo del cibo. Il Pad Thai è una specialità dello street food, e infatti lo ordinai direttamente da una delle bancarelle posizionate lungo la Khao San Road, la strada più eccentrica, rumorosa e turistica di Bangkok. Non trovavo un posto dove sedermi, quindi decisi di fermarmi a lato della strada e mangiare in piedi.

 

Trasportai il cibo verso la mia bocca e fu un’esplosione di gusti mai provata prima, totalmente inaspettata. Era piccante, per nulla salato, un po’ aspro e un po’ dolce. Unto come non mai. I noodles erano scivolosi ma le arachidi erano dure e il contrasto era perfetto. Un mix anomalo per il mio palato, ma straordinario. Era semplicemente delizioso e fin da quel primo assaggio mi innamorai della cucina thailandese.

 

Mangiai il mio Pad Thai osservando il divenire incessante della vita di fronte a me. Vedevo tante cose ma soprattutto tanta umanità: c’era chi rideva, chi aveva l’aria stanca, chi gli occhi avidi di affari, chi camminava circospetto, chi urlava, chi schivava gli scooter e chi le persone. “La gente è il più grande spettacolo del mondo. E non si paga il biglietto” diceva Bukowski.

 

“Quanto è maledettamente vero”, pensai mentre finivo il primo dei tanti Pad Thai che avrei mangiato nella mia vita.

 

Le coordinate della felicità

L’effetto domino del cibo

Attraverso esperienze come questa, mi resi conto che esplorando il cibo e le bevande tradizionali di un luogo non solo impariamo a scoprirlo a livello sensoriale ma entriamo a tutti gli effetti dentro una nuova realtà.

Perché nel momento stesso in cui scegli di non andare a mangiare nel fast food ma di sederti al tavolino di plastica di un ristorantino di strada frequentato dalla gente del luogo, ti metti al loro stesso livello. Dimostri di essere realmente interessato a capire un luogo e non solo a volerlo “consumare” come se fosse un prodotto.

Così si innesca un meraviglioso effetto domino di umanità: c’è chi ti vede e sorride, chi ti chiede da dove vieni, chi vuole sapere se ti piace quello che stai mangiando, chi ti propone di provare un piatto o semplicemente ti offre una bevanda.

Tutto questo a partire dal cibo. Una magia che avviene perché il cibo unisce le persone, ma non solo: le mette tutte sullo stesso livello. Un tavolo pieno di cibo ci riporta tutti allo stesso piano di umanità. Quando mangiamo siamo tutti uguali. Proprio come quando siamo felici.

Se ami viaggiare, non commettere l’errore di mangiare pizza, pasta e cibo da fast food mentre giri il mondo. Siediti dove si siedono le persone del luogo, fidati dello street food, assaggia i piatti tradizionali, non avere paura di sperimentare sapori, piatti e combinazioni nuove.

Solo in questo modo imparerai a scoprire davvero i luoghi che visiti: in primis attraverso i loro sapori e le loro tradizioni millenarie, ma anche e soprattutto interagendo con le persone che quei luoghi li abitano. Viaggiare è uno scambio, non è una pretesa. I viaggi più belli della tua vita potresti farli mangiando.

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Gianluca Gotto
Gianluca Gotto
Sognavo di lavorare viaggiando, oggi scrivo mentre giro il mondo. Ho aperto Mangia Vivi Viaggia per condividere la bellezza che abbiamo intorno e mostrare che spesso la felicità si trova nelle scelte di vita alternative

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