Cos’è la “pandemic fatigue” e come superare la depressione da pandemia

C’è una malattia che sta distruggendo la vita a milioni di persone. E no, non è quella che pensi.

Non ha i sintomi di cui sentiamo parlare da mesi e che ormai abbiamo imparato a memoria: nessun colpo di tosse, nessuna febbre, non ci sono difficoltà respiratorie o polmoniti. Questa malattia non riempie gli ospedali di pazienti e non manda al collasso i reparti di terapia intensiva.

Le mascherine e il distanziamento sociale non aiutano a prevenire il contagio. Per questa malattia non esiste un vaccino.

Se il covid-19 ci è apparso fin dall’inizio come un nemico invisibile, e quindi ancora più difficile da combattere, questa malattia ha la stessa caratteristica, ma con l’aggravante che se ne parla poco. Anzi, pochissimo.

Tutti sono concentrati esclusivamente sul virus, sui vaccini e sugli scenari futuri. Mentre volgiamo le nostre attenzioni al futuro, però, ci sono migliaia di persone che stanno sviluppando una profonda desolazione nei confronti della vita.

Cos’è la pandemic fatigue

La malattia di cui parlo si chiama “pandemic fatigue“, ed è riconosciuta anche dall’OMS. È una forma di depressione nata a causa delle restrizioni e della grande incertezza che sono entrate di prepotenza nella nostra vita.

I sintomi della pandemic fatigue sono i seguenti:

  • costante stanchezza, anche appena svegli.
  • paura e ansia
  • senso di smarrimento e confusione
  • tristezza e pessimismo
  • forte stress

C’è poi un altro sintomo tipico di questa “depressione da pandemia”: una sensazione di perenne frustrazione. Questa è dovuta al fatto che, pur avendo più tempo di prima ci sembra di non riuscire a concludere niente. Il tempo scorre, le giornate passano una dietro l’altra e nessuno dei nostri obiettivi si avvicina.

Questo ci fa sentire sbagliati. Come se non fossimo all’altezza della situazione. Genera sensi di colpa e ci fa sentire a disagio. E così sprofondiamo sempre di più nell’oscurità che si è venuta a creare nella nostra mente.

Gli psicofarmaci e la ricerca ossessiva della scorciatoia

Il virus passerà. La storia ci insegna che abbiamo superato pandemie ben peggiori, con strumenti e infrastrutture di gran lunga inferiori a quelli su cui possiamo contare al giorno d’oggi. Un giorno, tutto questo periodo sarà solo un lontano ricordo.

Ciò che invece non passerà è la depressione. Oggi ci preoccupiamo (giustamente) dei malati di covid-19 ma non prestiamo alcuna attenzione a chi si sta ammalando non nel corpo, ma nella mente. E questa è una tragedia, perché prima ancora che scoppiasse la pandemia, un italiano su cinque assumeva regolarmente uno o più psicofarmaci.

Parliamo di oltre dieci milioni di italiani abituati a prendere sonniferi, antidepressivi e ansiolitici. Senza nulla togliere all’importanza di questi farmaci nella cura di malattie gravi e debilitanti, quanti di loro avevano una reale necessità di ricorrere a una pillola per vivere bene? E quanti, invece, si affidavano a questa soluzione solo perché era la più veloce?

Il mondo in cui vivevamo prima della pandemia era già caratterizzato da questa ricerca ossessiva della scorciatoia, anche se ciò significa eliminare i sintomi senza nemmeno avvicinarsi alla causa (che in questo modo diventa sempre più difficile da risolvere).

È così si sviluppano le peggiori dipendenze: quando si cerca una gratificazione istantanea ed effimera senza pensare alle conseguenze. Immaginate quante persone, durante e dopo questa pandemia, diventeranno dipendenti dagli psicofarmaci.

Esiste un modo per vivere serenamente anche questo periodo?

Quanti non riusciranno ad uscire di casa senza aver preso un antidepressivo, quanti dovranno ricorrere a tranquillanti e ansiolitici nei momenti più disparati della giornata, quanti dovranno imbottirsi di sonniferi per riuscire a dormire.

E allora forse non dovremmo chiederci solamente se il vaccino funzionerà oppure no, né essere ossessionati da quando si potrà tornare a viaggiare liberamente, abbracciare i nostri cari e riprendere a vivere normalmente.

Forse dovremmo porci una domanda diversa:

“Esiste un modo di vivere serenamente anche in questo periodo senza rischiare di sviluppare una depressione che ci accompagnerà per anni?”

Io sono convinto che ci sia, e che sia universale e accessibile a chiunque: la Natura.

Pandemic fatigue: perché la Natura è la cura

Prima di pensare che con te non possa funzionare, chiediti quand’è l’ultima volta che hai fatto una passeggiata in un parco senza cellulare in mano e musica nelle orecchie.

Quand’è l’ultima volta che hai affondato i piedi nudi nella sabbia o hai camminato su un prato. Quanto tempo è passato da quando hai chiuso gli occhi sotto la pioggia, quante volte decidi di fermarti a guardare un tramonto in silenzio oppure a contare le stelle nel cielo.

Te lo chiedo non per accusarti, ma perché io tutte queste cose non le avevo mai fatte. Un tempo ero concentrato solo ed esclusivamente su me stesso e sui miei problemi. Non pensavo ad altro tutto il giorno e così vivevo costantemente tra passato e futuro, sprecando il mio presente.

Questa attività si chiama “overthinking” e durante la pandemia è diventata tragicamente comune. Quando il troppo pensare diventa logorante, ti ritrovi con un vuoto dentro. Sei esausto (per questo si chiama “pandemic fatigue“), confuso, ansioso e impaurito. E non sai nemmeno perché, ma più ci pensi e più finisci in quel vortice di oscurità.

La mia cura a questo malessere è ritrovare il contatto con la Natura. Come racconto nel mio libro “Le coordinate della felicità“, ho fatto questa scoperta per la prima volta durante un viaggio in Australia. Dopo anni in mezzo al cemento e allo smog, mi ritrovai a vivere tra deserti, oceani, spiagge, albe, tramonti e cieli infiniti, azzurrissimi di giorno e pieni di stelle di notte.

Durante quel viaggio compresi che quando ci riconnettiamo con la Natura ci disconnettiamo automaticamente dall’ansia, dalla tristezza e dalla confusione tipica del troppo pensare.

La Natura distrugge l’ego (e le sofferenze che ci causa)

Succede per due motivi: il primo è che per riconnetterci con la Natura dobbiamo per forza uscire di casa. Questo significa muoverci e quindi togliere tutte le nostre attenzioni dai nostri pensieri per spostarle sul nostro corpo e su quello che avviene intorno a noi. In altre parole, ricordarci che non siamo solo la nostra mente.

Il secondo motivo è che a contatto con la Natura ci sentiamo parte di qualcosa di più grande, che esisteva prima di noi ed esisterà anche dopo. Smettiamo di credere di essere al centro dell’Universo e diventiamo grati di farne parte.

Alla base di moltissime delle nostre sofferenze mentali c’è l’ego, con le sue aspettative mai raggiunte, le sue fobie di essere sempre in guerra con qualcuno e la sensazione di non avere mai abbastanza. Dinnanzi alla Natura, l’ego si sgretola. Questo ci toglie un peso enorme dalle spalle perché ci rendiamo conto che i nostri problemi non sono grandi come credevamo. Anzi, spesso i nostri problemi esistono solo nella nostra testa.

Non devi andare lontano per riconnetterti alla Natura

Recentemente ho avuto modo di ammirare una cascata in Costa Rica. Sarei rimasto per ore lì davanti anche solo per sentirne il suono. Lo hai mai fatto? Ti sei mai fermato solo per ascoltare lo scroscio dell’acqua?

Che arrivi da un fiume o dalle onde del mare, poco importa: è un suono magico perché non si ferma alle tue orecchie ma ti entra dentro. Arriva direttamente all’anima. E ha il potere straordinario di sovrastare il rumore dei tuoi pensieri.

 

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La prossima volta che ti senti agitato, lascia quello che stai facendo. Non devi andare dall’altra parte del mondo, basta fare una lunga passeggiata nel parco dietro casa. Se hai la fortuna di vivere vicino al mare, vai al mare, anche se è inverno. Se puoi, osserva il tramonto, anche da una panchina.

Perché solo ritrovando quel contatto primordiale con la Natura interromperai il flusso di pensieri che ti avvelena. Assumerai una visione più ampia delle cose della vita, molte delle tue paure svaniranno. Il tuo corpo e la tua mente guariranno.

In questo modo porrai le basi per una serenità che poi ti accompagnerà anche nel resto della giornata. E se renderai il contatto con la Natura un’abitudine, per il resto della tua vita.

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Gianluca Gotto
Gianluca Gotto
Sognavo di lavorare viaggiando, oggi scrivo mentre giro il mondo. Ho aperto Mangia Vivi Viaggia per condividere la bellezza che abbiamo intorno e mostrare che spesso la felicità si trova nelle scelte di vita alternative

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