Viviamo in una società fortemente basata sulla competizione. Fin da quando siamo piccoli ci viene detto che l’obiettivo è eccellere, essere i migliori, anche al costo di sovrastare gli altri. Un messaggio che portiamo con noi prima a scuola e poi sul lavoro, ma anche nel privato: la vita della maggior parte delle persone è una continua corsa.
Corriamo, corriamo e corriamo, eppure abbiamo l’impressione di non andare da nessuna parte, come se tutti i nostri sforzi fossero vani. È proprio in quei momenti, quando ti manca il fiato e ti chiedi quale sia il senso di tutto ciò che stai facendo, che ti prende un’ansia paralizzante, che in alcuni casi può anche trasformarsi in un attacco di panico.
Quando succede, stai male da morire. E inizi a chiederti quale sia la soluzione a questo problema, se ne esiste una. È quello che è successo a Ryan Brown, un ragazzo americano che all’interno degli schemi rigidi e soffocanti della società non si sentiva in grado di essere infelice. Poi ha iniziato a viaggiare e così ha trovato la soluzione, la chiave per spalancare la porta della serenità sulla sua vita.
Attacchi di ansia e depressione
“Prima di iniziare a viaggiare, la mia vita era un disastro“, dice Ryan. “Soffrivo di una forma di ansia molto intensa. Ero profondamente depresso e mi consideravo un fallito”.
Una situazione emotiva tremenda, dovuta proprio a quella competitività che ci mette sempre in confronto con qualcuno o qualcosa, in qualsiasi contesto. Per Ryan era quello scolastico.
“L’ansia che provavo all’università era così forte che ho dovuto lasciare gli studi. Non riuscivo a reggere alla tensione che provavo”, spiega il ragazzo, che dopo aver lasciato il college ha iniziato a sentirsi ancora di più un fallito, un perdente. In questo modo è ulteriormente sprofondato nel suo vortice di ansia e depressione. Poi, un viaggio gli ha cambiato la vita.
Quando viaggiare è una cura per l’ansia
Molte persone trovano che viaggiare sia terapeutico, una sorta di cura per l’anima. Ne parlo nel mio libro “Le coordinate della felicità“: viaggiare ti trascina fuori dalla tua comfort zone, ti costringe a crescere e ti permette di “osservare” la tua vita da un’altra prospettiva.
Così riesci a capire molte cose, su te stesso, sulle persone che hai intorno, sulla strada che hai scelto di intraprendere. Chi vive questo risveglio grazie al viaggio, a volte inizia il percorso di guarigione personale con un biglietto aereo (nel mio caso, di sola andata per l’Australia). Non è stato questo il caso di Ryan…
“Nel 2012 ho deciso di partecipare a un tour di viaggio in bicicletta. Erano quasi 500 km da percorrere insieme ad altre persone. Non avevo grandi aspettative ma poi sono stato rapito dalla meraviglia di viaggiare in bicicletta. È stato così bello che quando sono tornato a Pittsburgh ho deciso di fare una cosa istintiva: licenziarmi“.
Mollare tutto e viaggiare in bicicletta
Proprio così: Ryan si è licenziato, lasciando il lavoro insopportabile che non aveva scelto ma si era accontentato di avere. Poi ha preso la sua bicicletta e come un Forrest Gump su due ruote si è messo a pedalare, senza una meta precisa.
“Sono tornato in sella e ho pedalato e pedalato. Finché da Pittsburgh sono arrivato in Maine. Sono più di mille chilometri“, ricorda oggi.
Quel secondo viaggio ha spazzato via ogni dubbio: doveva cambiare radicalmente la sua vita. Doveva stravolgerla e fare in modo di poter passare più tempo possibile in sella alla sua bicicletta, all’aria aperta, lontano da ambienti chiusi e ostili dominati dal desiderio di competere ed essere sempre migliore degli altri.
Seguendo l’esempio di Christopher McCandless, ha venduto tutto ciò che possedeva e ha iniziato a vagabondare.
“Ho venduto davvero ogni cosa che possedevo, ritrovandomi con un’unica spesa fissa: la sim del cellulare. Poi ho viaggiato in sella alla mia bicicletta, finché non ho finito i soldi“.
“La parte più difficile è il primo passo”
A quel punto cosa ha fatto? Ha applicato una regola, quella che nel mio caso mi ha permesso di viaggiare in lungo in Australia e in Canada: lavora-risparmia-viaggia.
“Quando ho finito i soldi, mi sono fermato a lavorare. Lavori occasionali. Ho risparmiato più che potevo, poi, una volta raggiunta la cifra che mi ero prefissato, lasciavo il lavoro e riprendevo a viaggiare in bicicletta”.
Oggi Ryan si mantiene con le sue fotografie e con il suo lavoro di guida escursionistica. La sua vita, comunque, comporta poche spese, perché si svolge principalmente all’aria aperta, camminando, pedalando o guidando una motocicletta. E alle tante persone vittime di ansia e depressione, rivolge un solo consiglio: viaggiate!
“Se state pensando di uscire dalla vostra comfort zone, vi incoraggio a farlo! La parte più difficile è iniziare, fare il primo passo. Una volta fatto, tutto verrà da sé“.
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