Spesso chi ha il desiderio di cambiare vita e trovare la propria felicità altrove viene indicato come una persona egoista, che pensa solo a se stessa.
Un giudizio privo di senso non solo perché spesso chi lo pronuncia è una persona che non fa nulla di concreto per gli altri ma diventa incredibilmente attento a far notare il loro presunto egoismo di chi gli sta intorno, ma anche perché non c’è scritto da nessuna parte che chi vuol fare qualcosa di grande per sé non possa anche aiutare gli altri.
Parte del processo di cambiamento di molte persone passa proprio dal mettersi a disposizione di chi ha bisogno. Un viaggio di volontariato è un bell’esempio: si parte per visitare una nuova zona del mondo e parallelamente per offrire un contributo concreto a chi ne ha la necessità.
Ma se questa è un’idea molto generica, ci sono tante storie specifiche che dimostrano quanto un importante cambiamento di vita personale possa combaciare con una maggiore empatia e consapevolezza.
La vita di molti: vivere per lavorare
Noel Russel è una ragazza di Los Angeles che fino a qualche anno fa lavorava nel campo della moda. Il ritmo della sua vita era dettato dai ritmi del suo lavoro: se doveva occuparsi di un grande evento, per una settimana non faceva altro che lavorare. Così a volte le capitava di guardarsi indietro e non riuscire a credere che fosse già passato un mese, se non un anno intero dall’ultimo ricordo extra-lavorativo.
“Mi sono resa conto che ciò che amavo del mio lavoro non erano i vestiti ma le persone“, dice Noel. “Subito non ho compreso cosa significasse ma poi un giorno ho aperto finalmente gli occhi”.
Aprire gli occhi e iniziare a vedere davvero
Spesso una presa di coscienza importante, di quelle che ti cambiano dentro, nasce da un episodio apparentemente insignificante. Per Noel e il suo ragazzo è andata esattamente così.
“Alcuni anni fa, io e il mio fidanzato Jason abbiamo avuto la possibilità di visitare i centri di accoglienza per i minori che erano stati tolti alla tutela dei genitori. Così abbiamo potuto conoscere quel mondo lontano dall’interesse dei media e abbiamo scoperto quante difficoltà e quanti traumi questi ragazzini sono costretti ad affrontare. Da quel giorno, il mio lavoro mi sembrava superficiale, senza senso”.
Con quella nuova consapevolezza, Noel non è più riuscita ad andare avanti come se nulla fosse. Quel lavoro nella moda, basato sulle apparenze e sul consumismo sfrenato le sembrava improvvisamente vuoto.
“Ho iniziato a pensare: se riesco a convincere le persone a comprare un altro paio di pantaloni di cui non hanno bisogno, forse posso anche motivarle a supportare i bambini che non hanno un posto da chiamare casa. Una sera ho fatto un respiro profondo e mi sono buttata“.
Licenziarsi, vivere in un van e dedicarsi agli altri
Noel decide di cambiare completamente vita: si dimette dal suo lavoro e insieme al fidanzato entra a far parte di un’associazione che si occupa di supportare i “Foster Kids“, i bambini tolti alla custodia legale dei genitori.
“Sono bambini che spesso vivono per anni nel sistema di affidamento, senza un luogo da chiamare casa. In molti casi non rivedono i genitori per anni, se non addirittura per sempre”, spiega Noel.
Se il piano era di dedicare la propria vita ad aiutare gli altri, il primo step pratico è stato acquistare un van. I motivi sono due: da un lato la coppia voleva minimizzare le spese, da un altro voleva che quel nuovo capitolo della loro vita fosse basato su ciò che li rendeva felici.
Sapevano che avrebbero affrontato tante situazioni tragiche e deprimenti ogni giorno, pertanto volevano avere la possibilità di rifugiarsi nella loro felicità una volta lontani dai centri di accoglienza. Con loro, pochi oggetti e i due amati cani.
“Non volevamo più vivere in una grande città, così abbiamo acquistato un van. Poi lo abbiamo cambiato perché non era adatto e ora abbiamo uno Sprinter Van del 1997 che è a tutti gli effetti la nostra casetta”.
La Vanlife per scappare dal rumore della città
Il lavoro presso l’associazione (la più grande della California tra quelle che si occupano di bambini tolti ai genitori) impegna Noel e il compagno dal lunedì al venerdì. Lo stesso venerdì sera, i due prendono il loro van e scappano dal rumore della città.
“Credo che i nostri weekend battano una settimana di vacanza della maggior parte delle persone. Ogni venerdì sera prepariamo il van e ci dirigiamo verso le montagne“.
Dalla Vanlife hanno imparato tante cose, soprattutto che la felicità è nelle piccole cose. Non hai bisogno di molto per stare bene, anzi, sposando la filosofia del minimalismo trovi una pace sempre più rara in quest’epoca dominata dal materialismo.
“Abbiamo subito capito che ci serve molto meno spazio di quanto credessimo”, dice Noel. “Se hai una giacca che ami, quella è l’unica giacca di cui hai bisogno. Se scegli la Vanlife non hai bisogno di tanti oggetti, perché il mondo là fuori è il tuo salotto“.
“I 20 minuti prima che il sole sorga”
L’evoluzione di Noel verso la sua felicità è quindi passata da un grande cambiamento di vita che non ha coinvolto solo lei ma anche tante altre persone. Bambini, soprattutto, che riescono ad avere un’esistenza più serena anche grazie al suo aiuto. Ora la sua vita ha un senso, uno scopo. Si sveglia al mattino con una missione che la riempie di voglia di vivere.
E con la Vanlife ha trovato la sua dimensione, ciò che la fa stare bene. Se ne rende conto con un pizzico di emozione soprattutto in un momento specifico della giornata, proprio appena sveglia:
“I 20 minuti prima che il sole sorga, quando tutto è silenzioso e le montagne si colorano di rosa e arancione. Quello è il mio momento preferito”.
Segui Noël su Instagram