Accettare la sofferenza e tornare a vivere felici: la metafora della scatola

Quello di “armonia tra gli opposti” è un concetto che secondo me spiega bene ogni aspetto della realtà. È rappresentato dall’antico simbolo orientale dello Yin e Yang, un simbolo orientale che rappresenta la vita come risultato dell’armonia degli opposti.

Significa che il giorno esiste solo perché c’è la notte, che non può esistere il sole senza la luna, che c’è un sopra solo perché c’è un sotto, un Occidente perché c’è un Oriente. Significa che non esiste la felicità senza l’infelicità.

Insomma, non esiste Yin senza Yang, perché la perfezione è nell’incontro degli opposti: il bianco e il nero si uniscono, ma senza che uno sovrasti mai l’altro. Quando si completano, senza annullarsi.

Yin e Yang: non c’è gioia senza sofferenza

Questo concetto è valido per la Natura, basta guardarsi intorno con attenzione per capire che tutto si basa su questo dualismo, a partire dal ciclo di vita e morte. Ma vale anche per i sentimenti.

Tale dualismo riguarda anche il piacere e la sofferenza. È difficile da accettare perché l’uomo vuole il piacere ma non è in grado di accettare la sofferenza.

È un discorso valido su molteplici livelli, dalla sofferenza fisica a quella profondamente emotiva. E se la paura del dolore fisico è facilmente superabile, quella che riguarda il dolore emotivo è molto più difficile da gestire.

Perché spesso quando si rompe qualcosa dentro di noi, in profondità, in quei luoghi del tuo essere che non ti permetti di raggiungere, diventa estremamente complicato anche solo capire la causa del dolore, figuriamoci la cura.

Come si comporta, dunque, l’essere umano quando si trova a fronteggiare una sofferenza emotiva molto forte? Ognuno reagisce a modo suo ma la risposta più comune è la negazione.

Immaginate un bambino cresciuto nel buio più totale: non sa cosa sia la luce, certo, ma in realtà non sa nemmeno cosa sia il buio, perché quello che noi chiamiamo “buio” lo conosciamo grazie alla luce. Se non conosciamo l’uno, non possiamo conoscere nemmeno l’altro. Un discorso che vale per tutto ciò che esiste: non può esistere destra senza sinistra, alto senza basso, giorno senza notte, caldo senza freddo. Un foglio di carta non può esistere senza le due facce che lo compongono. Pertanto non può esistere la felicità
senza la sofferenza, sukkha senza dukkha: si tratta di due “opposti” che in realtà fanno parte della stessa cosa. Ci appaiono in contrasto quando in realtà sono interdipendenti: senza l’una, non ci sarebbe nemmeno l’altra. E quindi non ci sarebbe nulla.

Dal mio libro, “Profondo come il mare, leggero come il cielo

Come affrontare una grande sofferenza emotiva?

Si nega la sofferenza provando a isolarla in una parte della nostra mente. Si prova a negarne l’esistenza e si prova a vivere come se non esistesse, come se non ci fosse mai stata e mai più dovesse ricomparire.

Questo metodo non è una soluzione, anzi, è il modo migliore per trascinarsi il dolore dentro per sempre. Un po’ lo tieni a bada ma poi ti esplode addosso con tutta la sua forza e ti ferisce molto più della prima volta.

La sofferenza emotiva ti trascina lentamente in un buco e condiziona pesantemente il tuo modo di vivere. Ti fa perdere l’amore per te stesso, la fiducia negli altri e la voglia di essere felice.

Solo quando capisci che non c’è piacere senza sofferenza impari a godere del piacere e ad accettare la sofferenza. Perché la risposta migliore a un forte dolore interiore è l’accettazione, che è proprio l’opposto della negazione.  Devi accettare ciò che ti fa stare male, affrontare quel mostro e fare del tuo meglio per gestirne la presenza.

Ovviamente è molto complesso riuscirci ma c’è una interessante metafora che spiega bene cos’è il dolore emotivo e perché è importantissimo accettarne subito l’esistenza. Ecco cos’è la metafora della scatola.

La metafora della scatola

Lauren Herschel è una donna americana che alcuni anni fa ha subito un trauma emotivo molto forte quando suo padre è morto prematuramente. La donna è andata in crisi e ha sofferto al punto di ricorrere a medicinali e cure psicologiche.

Per tanto tempo ha provato a negare il dolore, come se non esistesse, ma poi ha incontrato un terapista che le ha spiegato una metafora tanto semplice quanto illuminante.

Si chiama la metafora della scatola. L’uomo ha preso un foglio bianco e ha disegnato una scatola. Dentro la scatola ha disegnato una palla molto grande, che occupava quasi interamente lo spazio a disposizione dentro la scatola. Poi ha disegnato un pulsante rosso su uno dei quattro lati della scatola.

  • La scatola rappresenta la nostra vita.
  • La palla e il pulsante rosso rappresentano il dolore, che si concretizza solo quando i due elementi vengono a contatto (la palla colpisce il pulsante).

Il terapista le ha detto che il dolore è sempre dentro di noi. Non c’è verso di disattivarlo. Quando le nostre azioni e gli avvenimenti casuali della nostra vita fanno in modo che la palla colpisca il pulsante rosso, proviamo dolore.

L’innesco non è prevedibile: potrebbe essere una canzone alla radio, un film in televisione, un sapore, un conoscente che non vedi da tanto tempo, un pensiero casuale, il nome di una persona, un luogo… a volte, senza preavviso, la palla va a sbattere contro il pulsante e proviamo un forte dolore interiore che può concretizzarsi in nostalgia, tristezza, rabbia, malinconia e via discorrendo.

Hai due scelte: stare fermo o andare avanti con la tua vita

C’è solo un modo per evitare che la palla colpisca il pulsante rosso: non muoverci. Non fare niente, non andare avanti con la nostra vita. In questo modo, infatti, la scatola (che rappresenta la nostra vita) resta ferma immobile e quindi la palla non si muove e non attiva il pulsante del dolore.

Questo è ciò che fanno coloro che negano il dolore: restano fermi. Non si danno il permesso di andare avanti e iniziare un nuovo capitolo, perché temono che ogni piccolo passo muoverebbe la palla dentro la scatola e prima poi verrebbe attivato il pulsante del dolore. Non riescono ad accettarlo e allora preferiscono restare fermi, aspettando che il tempo passi inesorabile.

Questa è vita? Ovviamente no. Se non fai mai niente di nuovo, se non vai avanti ma resti fermo, stai sopravvivendo.

il buddhismo non è né pessimista, né ottimista. È realista. E lo è non per una questione di stoicismo, ma di necessità: se non sai come stanno le cose non puoi in alcun modo capirle, risolverle, sistemarle. Se non conosci la tua sofferenza, se non la accetti come punto di partenza, non la supererai mai. Non sarai mai felice per davvero.

 

La soluzione, secondo il terapista, è proprio l’opposto: vivere ancora più intensamente. Non fermarsi ma andare avanti, creare nuovi ricordi, creare nuovi abitudini, rischiare, uscire dalla propria comfort zone. Può sembrare un gioco masochista visto che con tutto questo movimento la palla colpirà il pulsante molto più spesso ma è qui che subentra un altro elemento: ogni volta che il pulsante viene attivato, la palla diventa più piccola.

Ciò significa che più accettiamo il dolore e più il dolore diminuirà. Così, dando tempo al tempo, la palla si trasforma da questo grosso pallone che sta a malapena dentro la scatola della nostra vita a una piccola pallina che solo occasionalmente attiva il pulsante. E quando succede, il dolore sarà comunque forte, ma molto più gestibile.

“La palla non scomparirà mai ma colpirà meno volte il bottone, permettendoci di avere più tempo per recuperare tra un’ondata di dolore e l’altra“, ha spiegato Lauren, la donna che ha esposto la “Metafora della scatola“.

Il dolore esiste, accettalo

La metafora della scatola ci insegna che il dolore esiste. Inutile negarlo. Dentro ognuno di noi si trovano sia la palla sia il pulsante rosso e non possiamo fare nulla per distruggerli.

Come detto, abbiamo solo due scelte: stare fermi o andare avanti con la nostra vita.

Nel primo caso la palla toccherà il pulsante poche volte ma resterà grande per tanti anni, forse per sempre. Nel secondo caso, quando scegliamo di ripartire, all’inizio proveremo continuamente scariche di dolore emotivo ma che poi diventeranno sempre meno intense. Alla fine, quando la pallina sarà molto piccola, ci verrà facile imparare a gestire il dolore.

Non importa se hai subito un lutto, se sei stato lasciato dal tuo partner, se hai commesso qualche grave errore di cui ti penti… la scelta è tua: vuoi restare immobile e negare il dolore, vivendo una non-esistenza oppure vuoi andare avanti, affrontare il dolore e ridurlo fino al punto di averlo completamente sotto controllo?

Vorrei ricordarti una grande verità: non esiste felicità senza infelicità. Accetta il dolore, affrontalo e vai avanti. Solo così tornerai a vivere veramente.

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Gianluca Gotto
Gianluca Gotto
Sognavo di lavorare viaggiando, oggi scrivo mentre giro il mondo. Ho aperto Mangia Vivi Viaggia per condividere la bellezza che abbiamo intorno e mostrare che spesso la felicità si trova nelle scelte di vita alternative

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