Ho sempre pensato che uno dei più grandi paradossi dei nostri tempi riguardi la libertà. Viviamo infatti in un’epoca storica nella quale ci viene detto continuamente che possiamo essere e fare ciò che vogliamo, che dobbiamo sognare in grande ed essere “folli e affamati“.
Con questa premessa, ti aspetteresti un mondo pieno di persone che si costruiscono vite fatte sulla misura della propria felicità. Invece, quando ti guardi intorno vedi tutto fuorché questo. Al contrario, l’omologazione è dominante e la normalità è imposta come l’unica strada possibile per realizzarsi nella vita.
È ciò che nel mio libro “Le coordinate della felicità” chiamo “La grande legge dell’Uno“: tutti i segnali che ricevi fin da quando sei un adolescente ti portano a credere che tu debba trovare in fretta l’unica strada che seguirai fino alla fine dei tuoi giorni.
Trovare la felicità sui percorsi di vita alternativi
Ma chi segue il mio blog sa bene che in realtà, molto spesso, la felicità si trova sui sentieri di vita alternativi. Perché ciò che è considerato normale dai più può andare davvero bene a qualcuno, ma sicuramente non a tutti. E la frustrazione che si vede in giro ne è la prova.
Ma cosa fare, dunque, se ci si sente fuori posto in una vita considerata “giusta” e convenzionale? Come scrivo nel mio libro, l’unica soluzione è ribellarsi. E se non sai da dove partire, ci sono molte storie che dimostrano che i sogni si possono realizzare, se trovi il coraggio di provarci.
Come quella di una giovane coppia americana che a un certo punto ha deciso di scendere dalla giostra infernale di una vita infelice e ha trovato la felicità in uno stile di vita molto alternativo.
Quando un figlio ti sprona a cambiare vita
Pher (lui) e Ryn (lei) si sono conosciuti e fidanzati anni fa. Avevano deciso di iniziare una vita tradizionale insieme: avevano una casa, due lavori fissi e un piano pensionistico privato per non avere problemi economici in futuro. Ma a un certo punto è successo qualcosa che ha stravolto tutto: hanno avuto Tanni, la loro prima e per ora unica figlia.
Come spesso succede alle coppie che diventano un trio, la vita cambia. Ma se molti decidono di entrare ancora più in profondità nella comfort zone quando hanno dei figli, per eliminare i rischi e aumentare le sicurezze, c’è anche chi si trova a guardare il proprio figlio crescere e si chiede: “Me lo sto godendo abbastanza? È così che lo volevo crescere? È questa la vita che gli voglio dare?“
Pher e Ryn hanno capito subito che non volevano essere costretti a vedere Tanni solo qualche ora al giorno, per poi parcheggiarla davanti alla televisione con una babysitter a farle da guardia. Volevano per la figlia ciò che, forse inconsciamente, avevano sempre voluto per loro: una vita libera, in mezzo alla natura e basata sulle loro passioni.
“Vendiamo tutto, paghiamo il mutuo e trasferiamoci in un van”
Un giorno Ryn è tornata a casa e ha detto a Pher poche parole che ora sono indelebili nella loro mente: “Baby, vendiamo tutto, paghiamo il mutuo e trasferiamoci a vivere in un van“. Se hai letto il mio libro, sai che queste proposte funzionano solo quando tra anime simili, folli e sognatrici.
È questo il caso di Ryn e Pher, che dopo circa un anno si trovavano con pochi possedimenti materiali, nessun debito e un van da chiamare casa.
“Lo volevamo per nostra figlia, ma lo volevamo anche per noi”, spiega Pher. “Io ero più che propenso a lasciare la ruota del criceto che era diventato la mia vita. Così mi sono licenziato e ho usato la mia creatività per progettare la perfetta casa su ruote per la mia famiglia”.
Pher e Ryn hanno acquistato un Mercedes Sprinter, un van molto affidabile. Lo hanno personalizzato fino a renderlo abitabile, nel giro di sei mesi di duro lavoro.
Da un lavoro tradizionale a uno alternativo e felice
Una volta pronto, hanno fatto il grande salto: si sono licenziati, hanno incassato i soldi della 401k (un piano pensionistico privato americano) e con quei soldi (originariamente destinati alla loro pensione) hanno pagato completamente il mutuo. La casa era già in vendita dal primo momento in cui avevano deciso di provarci con la Vanlife e alla fine sono riusciti a venderla.
Così, invece di aspettare la pensione, si sono presi subito il loro tempo. Ciò non significa che non lavorino più, anzi. Il loro obiettivo era cambiare stile di vita e quindi anche il modo di guadagnarsi da vivere.
“Prima mi occupavo di vendite”, spiega Pher. “Ma avevo sempre avuto la passione per l’artigianato. Quando ci siamo trasferiti a vivere nel van ho ripreso in mano gli strumenti e mi sono rimesso a intagliare il legno. Abbiamo creato un sito web dove vendiamo le nostre creazioni e lavoriamo anche su ordinazione”.
Oggi la coppia ha un’attività avviata: producono artigianalmente e vendono prodotti intagliati nel legno. Inoltre offrono un servizio per chi sogna la Vanlife: si occupano personalmente della camperizzazione di un veicolo. Possono farlo ovunque: parcheggiano il van davanti a casa del cliente e ci lavorano su per il tempo necessario. D’altronde non lavorano in un ufficio ma ovunque vogliano…
Crescere una figlia con l’insegnamento del viaggio
Un successo importante, quello lavorativo, ma mai grande quanto la libertà che hanno ottenuto prendendo questo percorso di vita alternativo che gli permette di educare la figlia a viaggiare fin da piccola.
“Nel 2018 abbiamo visitato 26 stati americani e tre nazioni. Tanni, nostra figlia, passa la maggior parte del tempo on the road e chiama il van “casa”. Così, ovunque sia, è sempre a casa”.
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