Molte persone sono affascinate dall’Asia perché pensano che si tratti di un paese nel quale si incontrano animali esotici in mezzo alla natura incontaminata. In parte questa concezione è vera: nonostante ci siano tante nazioni in costante crescita, come la Thailandia, esistono ancora molti territori incontaminati.
Il problema è che questa idea, che per i turisti di mezzo mondo è talvolta molto “romantica” e lontana dalla realtà, ha anche portato allo sfruttamento di molti animali, troppo spesso utilizzati come veri e propri strumenti al semplice scopo di intrattenere i visitatori e mantenere viva l’idea che si tratti di un luogo nel quale la natura è rigogliosa e animali di tutti i tipi vivono a stretto contatto con le persone.
Il terribile sfruttamento degli elefanti in Asia
In particolare sono gli elefanti a essere costantemente maltrattati e sfruttati. Questa situazione tragica nasce dalla sempre più crescente richiesta di poterli cavalcare da parte dei turisti di tutto il mondo.
Quella che un tempo era un’attività per pochi temerari, è diventata oggi una pratica estremamente diffusa, che chiunque, senza distinzione di età e forma fisica, può praticare. Milioni di persone volano ogni anno in Asia per salire su questi possenti animali e scattare un selfie da pubblicare sulla propria pagina Facebook.
Ma qual è il prezzo di un selfie per un elefante?
Recentemente in tanti si sono indignati per le condizioni in cui versano gli elefanti asiatici, costretti a trasportare turisti tutto il giorno, tutti i giorni. Alcune tremende immagini hanno fatto il giro del mondo perché mostrano la sofferenza di questi animali fantastici, abituati a percorrere anche 100km al giorno e mangiare decine di chili di radici, parti di fusti, rami, germogli, frutti e foglie.
Di per sé gli scatti sono sufficienti a comprendere perché non si dovrebbero fare i tour con gli elefanti in Asia, ma per spiegare a fondo da dove deriva il loro dolore, è bene conoscere quali sono le atrocità a cui sono sottoposti quotidianamente.
Dolore e sofferenza, fin da piccoli
Prima di tutto è bene far presente che spesso gli elefanti in Asia sono rubati da piccoli quando si trovano in zone protette. Gli viene sottratta la libertà e spesso, subito dopo, anche le zanne. Come tutti sanno, infatti, l’avorio è un materiale prezioso, che anche nel 2016 fa gola a moltissime persone in giro per il mondo.
Nonostante molti governi asiatici provino almeno apparentemente a vietare il commercio di avorio, agli elefanti vengono tagliate le zanne in continuazione, procurando loro un dolore inimmaginabile. Per provare a comprendere la loro sofferenza, si può pensare al dolore che proveremmo se qualcuno ci tagliasse i denti.
Una volta che le zanne sono state rimosse, l’elefante viene “educato”. Le virgolette sono d’obbligo, visto che non c’è alcun insegnamento ma semplice violenza: su di loro vengono utilizzate fruste, cinghie, bastoni e addirittura picconi e scosse elettriche.
Non crediate che coloro che utilizzano degli ultimi due strumenti siano pochi: quasi tutti gli elefanti, in quanto animali selvatici e per nulla abituati a obbedire agli ordini dell’uomo, vengono educati con tremendi scosse elettriche e picconate sui fianchi.
I tour infernali per intrattenere i turisti
Una volta che l’animale è stato distrutto psicologicamente e fisicamente, inizia la sua “carriera” nel trasporto dei turisti. Da quel momento ha anche fine la sua libertà: gli elefanti vengono incatenati tutto il giorno e non hanno la benché minima possibilità di muoversi, se non per trasportare gli umani. Ricordiamo che in natura percorrono anche 100 km al giorno; dovendo restare confinati in pochi metri arrivano a impazzire con un facilità disarmante.
Per questo succede sempre più spesso che alcuni provino a scappare durante i tour: il loro è un tentativo disperato di tornare nel loro habitat naturale e abbandonare una prigionia totalmente logorante.
Come se non bastasse, alcuni di questi elefanti sono anche costretti a imparare numeri da circo per intrattenere i turisti. Inutile dire in che modo gli vengano insegnati i giusti movimenti: l’utilizzo di picconi e scosse elettriche è all’ordine del giorno e nel corso dell’addestramento non è raro assistere a elefanti che smettono di nutrirsi.
Il loro è un disperato tentativo di suicidio, qualcosa che in natura non è contemplabile. Molti, invece, muoiono direttamente a causa delle sofferenze.
No ai tour, visita i santuari!
L’esistenza di questi animali straordinari viene quindi ridotta a un piccolo spazio, alla più completa mancanza di libertà e a una sofferenza totale e perenne. La loro unica speranza è che qualche rescue center riesca a liberarli e a salvarli. Si tratta di organizzazioni che si occupano esclusivamente di accogliere e riabilitare gli elefanti in Asia.
Anche loro offrono dei tour, ma attenzione: non si tratta di attività finalizzate a far divertire il turista, ma a sensibilizzarlo. Nei cosiddetti “santuari”, infatti, si paga il biglietto per osservare gli animali nella fase di riabilitazione alla vita in natura. Qui vengono curati, reintrodotti, amati. Il viaggiatore ha la possibilità di contribuire concretamente a garantirgli una vita migliore semplicemente pagando il costo del biglietto per la visita.
A parte tutto, comunque, ciò che davvero possiamo fare noi visitatori è smettere di fare qualsiasi tour con gli animali. Contrariamente a molti altri problemi presenti nel mondo, lo sfruttamento degli elefanti, ad esempio, avviene solo a fine turistico, per far “divertire” coloro provenienti da zone nelle quali è impossibile avere un contatto diretto con questi animali.
Chi ha letto il mio libro “Le coordinate della felicità” sa quanto ami quella parte del mondo. Per questo motivo lancio un appello: possiamo contribuire a cambiare la situazione, proprio perché siamo stati noi stessi (viaggiatori e turisti) a fomentarla. Rifiutarsi di prendere parte a qualsiasi attività che preveda l'”utilizzo” di animali è l’unico modo per essere certi che nessuno di questi soffra. Come sempre, il cambiamento parte da noi.