La sfida delle 100 cose: e se vivessi meglio con meno oggetti?

Sul fatto che gli Stati Uniti siano il paese più consumista al mondo ci sono pochi dubbi, come dimostrano tutti i dati e le statistiche che parlano di consumi, sprechi e produzione di rifiuti.

Ma proprio perché negli USA consumare è diventato quasi una religione (un numero sempre più crescente di persone ha addirittura la cosiddetta sindrome dell’accumulo, che si tratti di cibo, vestiti, prodotti tecnologici o da collezione), sono nate anche molte correnti di pensiero che si oppongono a questo stile di vita e che cercano di far cambiare le abitudini degli americani spiegando che less is better, meno è meglio.

D’altronde è risaputo che di fronte a una moda o a un fenomeno dominante nascono sempre dei contro-movimenti che in alcuni casi diventano talmente forti da riuscire a spodestare ciò che contrastavano.

Non si può certo dire che la filosofia anti-spreco stia sostituendo quella consumista, ma sempre più persone stanno prendendo consapevolezza del fatto che per una questione non solo strettamente ecologica, ma anche morale, sia necessario consumare e sprecare meno.

Al giorno d’oggi ci sono centinaia di blogger che raccontano la loro vita senza sprechi, ma uno dei primi (se non il primo in assoluto) ad essersi reso conto che possedere meno cose fosse una scelta di vita migliore sotto molti punti di vista fu Dave Bruno nel lontano 2007.

Dave Bruno, uno dei primi minimalisti moderni

Come racconto nel mio libro “Le coordinate della felicità“, lo scoprii per puro caso:

Tornando al minimalismo, un giorno trovai questo libro nel quale l’autore racconta la sua vicenda personale. Era un uomo che aveva superato i quarant’anni, aveva una casa grande, un’automobile in garage e una famiglia. Aveva tutto, quindi, ma un giorno si era reso conto di avere troppo. La sua infelicità era palese e non ne aveva mai capito il motivo; poi ebbe un’illuminazione: il problema stava proprio nell’infinità di oggetti che facevano parte della sua vita. Guardandosi intorno in casa, in automobile o in ufficio, si stupì dell’incredibile numero di cose inutili che riempivano i suoi occhi e la sua mente ogni giorno. Perché in teoria siamo noi a possedere gli oggetti, ma quando ne abbiamo troppi sono loro a possedere noi. L’autore ne era sicuro e per questo motivo si era posto l’obiettivo di vita di non possedere più di 100 cose. Era certo che avrebbe vissuto meglio con meno. Less is More era diventato il suo motto di vita.

Il libro, intitolato La sfida delle 100 cose, aveva fatto partire una piccola rivoluzione negli Stati Uniti, il paese più materialista e consumista del mondo. Ed ora quel volume in qualche modo era arrivato in quel bar di Torino e poi era finito nelle mie mani.

 

Tratto da “Le coordinate della felicità

Quasi dieci anni fa questo imprenditore americano di San Diego rimase sconvolto nel vedere quanti oggetti avesse accumulato nel corso del tempo. Si rese conto di averne troppi e comprese che era proprio l’eccesso di possesso ad aver contribuito almeno in parte all’insoddisfazione che aleggiava sulla sua esistenza.

Le cose iniziano a dominarti“, realizzò. “Mi resi conto di essere diventato schiavo di ciò che possedevo. Le cose non sono passive come crediamo. Le cose hanno un’influenza su di noi, anche se sono semplici oggetti”.

Dave visse una sorta di illuminazione, che lo spinse a un profondo cambiamento nel suo modo di intendere, affrontare e percepire la vita.  Resosi conto di quanti oggetti possedeva, decise che ci avrebbe dato un taglio: avrebbe ridotto ciò che aveva a suo nome a un massimo di 100 cose. Nacque così la 100 thing challenge.

La sfida delle 100 cose

Le regole che Dave si impose erano poche ma molto specifiche. Ogni oggetto di sua proprietà sarebbe valso come un singolo oggetto nella conta, tranne i seguenti:

  • cose che condivideva con membri della sua famiglia (ad esempio il letto);
  • cose non personali, come piatti, oggetti per la pulizia della casa, mobili e pezzi d’arredamento;
  • libri;
  • strumenti di lavoro.

Oltre a questo, decise di considerare le collezioni (come quella di francobolli o figurine, ad esempio) come un unico oggetto. Definite queste regole, Dave fece la conta dei suoi oggetti e in breve tempo si rese conto di superare nettamente le 100 unità.

Convinto che fosse qualcosa di negativo per il suo benessere personale, iniziò a radunare tutto ciò di cui poteva fare a meno. In breve tempo riempì decine di scatoloni, pieni di oggetti che sarebbero finiti in vendita su eBay oppure regalati a chi, invece, ne aveva davvero bisogno. Aprì un blog per condividere con gli altri la sua avventura, un blog che divenne molto popolare e che oggi non esiste più, essendosi trasformato in un libro.

Ravi Udeshi, uno dei tanti che ha fatto della sfida delle 100 cose uno stile di vita: oggi vive con 75 oggetti di sua proprietà
Ravi Udeshi, uno dei tanti che hanno fatto della sfida delle 100 cose uno stile di vita: oggi vive con 75 oggetti di sua proprietà

La sua vita fu stravolta dalla 100 thing challenge, ma in positivo, e il suo esempio fu subito seguito da migliaia di persone, soprattutto negli USA. Quasi tutti compresero presto che vivere con meno significa vivere meglio. I motivi sono svariati e sono tutti spiegati molto bene nel libro di Bruno, ma il principale è che della maggior parte delle cose che possediamo non abbiamo alcun bisogno. Di per sé disfarcene è già una grandissima liberazione, che ci aiuta a sentirci più leggeri e più spensierati.

Libera degli oggetti, vivrai un’esistenza più felice

Ma non finisce qui: tagliando dalla nostra vita oggetti inutili o comunque non indispensabili, ci sbarazziamo anche di stress e ansia che si accumulano insieme alle cose che acquistiamo. Può sembrare assurdo ma è proprio questo il messaggio più potente che viene fuori dall’esperienza di Dave Bruno: è come se tutti questi oggetti fossero perennemente sulle nostre spalle, pesanti e ingombranti nella nostra vita.

Liberandocene, torneremo a sentirci leggeri, privi di responsabilità verso cose inanimate, privi della paura di perderle, romperle, rovinarle e soprattutto privi di quel senso di estrema possessività che caratterizza la nostra società. Decidere che un qualcosa è nostro, significa stringere un legame fortissimo con quel qualcosa.

Questo tipo di legame è negativo perché dà vita a una serie di sentimenti altrettanto negativi: gelosia, rancore, preoccupazione, ansia. Quando si è possessivi (ed è difficile non esserlo quando si possiedono tante cose) è facile cadere nella depressione e nella paranoia.

Come scrivo anche nel mio libro, spesso avere tanto significa anche non avere felicità nella propria vita.

Il motivo è molto semplice e anche difficile da negare: se ci si concentriamo eccessivamente sull’aspetto puramente materiale della nostra esistenza non possiamo che trascurare tutto ciò che va oltre, come i sentimenti positivi, i legami con le persone, le esperienze, la gioia di vivere.

Se ogni tanti hai la sensazione di soffocare in una vita piena di cose, prova a seguire l’esempio di Dave. Prova a ridurre tutto ciò che possiedi a un massimo di 100 cose, il numero giusto per avere l’essenziale ma non diventare schiavo di oggetti che, in quanto tali, non dovrebbero avere alcun potere su di noi.

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Gianluca Gotto
Gianluca Gotto
Sognavo di lavorare viaggiando, oggi scrivo mentre giro il mondo. Ho aperto Mangia Vivi Viaggia per condividere la bellezza che abbiamo intorno e mostrare che spesso la felicità si trova nelle scelte di vita alternative

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